E' la prima mossa di rilievo della magistratura, finora rimasta silente, sulla crisi finanziaria della Grecia, un episodio che potrebbe rappresentare l'inizio di una "Mani pulite" ellenica. Il procuratore Grigoris Peponis ha messo sotto inchiesta un importante banchiere greco, Lavrentis Lavrentiadis, con l'accusa di essere coinvolto in uno scandalo finanziario che ha portato alla nazionalizzazione di una piccola banca, la Proton.
Lavrentiadis, imprenditore di successo che ha iniziato dall'industria chimica per poi espandersi rapidamente sui servizi bancari e dei media, ha respinto con forza ogni accusa in quello che è visto come uno dei più grandi scandali finanziari degli ultimi anni in Grecia. Un paese che sarebbe fallito disordinatamente se non ci fosse stato l'aiuto della Ue e del Fmi, ma che non ha ancora avuto un solo colpevole alla sbarra per il maggiore default di un paese occidentale, cinque volte il fallimento dell'Argentina che si fermò a soli 90 miliardi di dollari contro i 357 miliardi di euro del debito pubblico di Atene. Solo poco tempo fa ha iniziato i lavori una commissione parlamentare con lo scopo di capire le cause della maggior crisi finanziaria della storia moderna di un paese occidentale.
Ma torniamo alla vicenda giudiziaria. Il procuratore per reati economici, Grigoris Peponis, ha formalmente addebitato a Lavrentiadis, 39 anni, di aver fatto parte di un'organizzazione che si è appropriata dei fondi della Proton e di aver frodato il governo. Se giudicato colpevole il finanziere rischia l'ergastolo. Altri 27 perosne, anch'esse sono sotto accusa, tra cui alcuni dirigenti della Proton, rischiano la prigione a vita. Il procuratore in attesa del giudizio ha vietato a Lavrentiadis e ad altri cinque accusati di lasciare il paese. I capi di imputazione sono legati al fatto che la Proton avrebbe accumulato più di 600 milioni di euro di crediti in sofferenza in società di proprietà o con connessioni con il finanziere accusato, un episodio che era già emerso nel corso di un'inchiesta svolta un anno fa dagli ispettori della Banca centrale di Grecia.
La Proton ha anche "sviluppato un'attività ingannevole in modo coordinato e continuativo a scapito dei depositanti, "utilizzando" un 'interesse insolitamente elevato come esca "per ingannare risparmiatori " aveva rivelato l'ispezione della banca centrale. "Nego tutte le accuse" ha reagito Lavrentiadis. "Voglio provare la gravità del complotto che è stato architettato nei confronti di un imprenditore greco che crede nella Grecia e in Dio", ha aggiunto. La Banca di Grecia ha attivato nel mese di ottobre, un fondo di stabilizzazione voluto dalla Ue e dall'Fmi, per salvare la Proton, di fatto nazionalizzandola. Proton è stata la prima banca a essere salvata dal Fondo per la stabilità finanziaria (FSF), una rete di sicurezza istituito dalla Grecia e dai suoi creditori internazionali per le banche che hanno bisogno di ricapitalizzare a seguito della crisi del debito del paese. Il Procuratore Peponis anche ordinato un'inchiesta su possibili connivenze e responsabilità da parte delle autorità di supervisione.
La Proton e la maggior parte delle banche greche hanno bloccato il credito alle imprese e alle famiglie in un disperato tentativo di recuperare la liquidità dopo la crisi del debito greco e lo swap per 206 miliardi di euro che ha portato a 100 miliardi di perdite ai detentori privati di bond greci, tra cui anche le maggiori banche del paese. Un fatto che rende sempre più vicino il momento in cui il governo Papademos dovrà decidere di dar via o a fusioni o a concentrazioni bancarie come ha suggerito la stessa banca centrale greca, o a ricapitalizzazioni delle banche con i soldi del secondo piano di aiuti Ue-Fmi da 130 miliardi di euro, emettendo nuove azioni ma senza diritto di voto. Una richiesta voluta espressamente dalla troika (Ue,Fmi e Bce) per evitare intromissioni del governo nella attività bancaria.