Tagli fiscali e tassi bassi, l’operazione nostalgia di Trump per tornare a Ronald Reagan

Trump è sulle orme di  Ronald Reagan e Margaret Thatcher? Con un colpo d’ala – poco prima di partire per l’Asia che è il nuovo scenario di riferimento politico e militare per gli Usa che hanno relegato l’Europa con le sue convulsioni secessioniste (catalane e britanniche) in secondo piano – il presidente americano cerca di dare un senso alla sua politica monetaria e di bilancio guardando indietro agli anni 80 e cercando ispirazione nelle scelte di Reagan e la Thatcher.

Trump vara con i repubblicani una semplificazione del codice tributario che riduce gli sconti ai contribuenti ma soprattutto decide una riduzione dell’aliquota societaria che passa dal 35 al 20%. Un risparmio di circa  1.500 miliardi di dollari che permetterà alle imprese americane di tornare a casa o meglio di far tornare a casa la montagna di profitti che oggi sono parcheggiati nei paradisi fiscali nei Caraibi. Trump vuole far tornare negli Usa sia i capitali delle multinazionali americane sia le loro delocalizzazioni, vuole cioè invertire la rotta della globalizzazione.
Per far questo sta riducendo i motivi per cui le imprese a stelle e strisce avevano deciso di delocalizzare aziende e profitti negli anni passati. Cioè vuole ridurre le imposte societarie e mantenere una politica monetaria accomodante con il nuovo responsabile della Fed, Jerome Powell, un repubblicano prudente e attento ai bisogni delle imprese e del business come il suo passato a Carlyle fa ben sperare.
 Trump è stanco della guerra di posizione che ha dovuto combattere finora senza esito per abbattere la riforma sanitaria di Obama e della guerra di logoramento sul Russiagate.
Uomo di strategia e poco di tattica ha scelto di tracciare una linea politica e di lasciare al segretario al Tesoro Steven Mnuchin e al nuovo presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, l’esecuzione della doppia politica fiscale e di bilancio.
Siamo di fronte a una soluzione moderata che guarda al passato di Reagan e del “big bang” londinese dei tempi della Thatcher? Forse è solo un tentativo di far tornare indietro le lancette della delocalizzazione che ha spogliato la Rust belt americana di imprese e fatto scappare i profitti delle multinazionali alle Cayman o in Irlanda. Forse è solo un tentativo di mantenere quello che aveva promesso in campagna elettorale e che noi cinici europei abbiamo già dimenticato.
Così Trump ha deciso di licenziare  Janet Yellen dopo un solo mandato che scade a febbraio e di passare il testimone a Jerome Powell per fargli continuare una politica monetaria espansiva, forse con qualche sorpresa sul fronte della deregolamentazione così come era avvenuto quando la Yellen aveva dato il suo voto e benestare all’uscita di AIG dalla lista delle società strategiche il cosiddetto  “systemically important financial institution,” (SIFI) quando l’unica volta che precedentemente era stata decisa una scelta simile era stato nel 2016 con GE Capital.
Riuscirà la doppia mossa a tenaglia di Trump a far tornare le lancette dell’orologio ai tempi eroici di  Regan? Molto dipenderà dal Congresso e dai due uomini chiamati a condurre in porto l’operazione nostalgia, cioè Mnuchin e Powell, tenendo conto che in mezzo però c’è stato il disastro del 2008 con il fallimento di Lehman Brother e del caos dei mutui subprime.