In tutte le piazze italiane c’è una lapide che ricorda il messaggio del capo di stato maggiore Armando Diaz al Re d’Italia dove comunica la vittoria sull’Impero austro-ungarico. Novantanove anni fa il 4 novembre 1918 finiva infatti il primo conflitto mondiale che vedeva la fine degli imperi centrali (prussiano e asburgico) , quello russo e quello ottomano e la nascita degli stati nazionali. Un evento che ha segnato in modo profondo l’inizio del ‘900 e che ha determinato mutamenti politici e sociali significativi tra cui in Italia la crisi dello stato liberale e la nascita dei primi fasci di combattimento da cui prese le mosse il fascismo.
Alcuni storici come il britannico Eric Hobsbanwn ritengono che la Prima guerra mondiale e la Seconda fanno parte di una sorta di lungo unico conflitto simile a quella dei dei trent’anni che fu combattuta nell’Europa continentale dal 1618 al 1648. Secondo Hobsbawn il Novecento inizia in realtà solo nel 1914 e finisce con la caduta del comunismo nel 1991, il cosiddetto “Secolo breve” per la velocità degli avvenimenti che lo hanno “bruciato” come una torcia e con esso milioni di vite umane. Oggi il 4 novembre si festeggia la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate ma in prospettiva storica è la fine degli imperi e la formazione degli stati nazionali i cui violenti conflitti in Europa continentale hanno portato alla formazione dell’Unione europea così da eliminare le guerre tra Stati europei.
Ecco perché oggi Hobsbanwan forse nel vedere la domanda di secessione catalana ne potrebbe, se fosse ancora vivo, vedere un proseguimento di quel movimento nazionalista che ha scatenato terribili conflitti europei. Un movimento in ritardo con la storia, un appuntamento del secolo scorso, un problema che con la fine degli imperi ha portato alla costituzione dell’Unione europea e alla fine dei conflitti identitari in quel consesso sopranazionale. Barcellona non può certo volersi trasformare nel luogo dove si spara il colpo di pistola come nella Sarajevo del 1914 che incendia tutto un Continente. Ecco perché la mediazione dell’Europa non può mancare in questa partita diplomatica che va al cuore dell’esistenza e formazione dell’Unione stessa.