La truffa dei Logan e la fenomenologia della rabbia della provincia americana

«La truffa dei Logan», il nuovo film di Steven Soderbergh è meglio che leggere una paludata opinione sul sofisticato New Yorker  sui motivi profondi di come e perché la provincia americana profonda è così arrabbiata con l’establishment democratico e repubblicano tradizionale al punto da aver deciso di votare per il maverick, l’anticonformista e populista, Donald Trump.

Possibile? Basta guardare ai due protagonisti del film alla “fratelli Coen”, dove appunto i due fratelli che vivono nella provincia desolata americana sono senza prospettive né certezze in balia di regolamenti assicurativi assurdi e job acts all’americana con licenziamenti ad nutum, con un solo cenno del capo. Un reduce dalla guerra in Iraq e un reduce da un infortunio in una partita di football americano. Due carriere stroncate. Cosa resta a questi due “redneck”, colli rossi, provinciali e ignoranti diremmo noi in Europa per far cambiare il vento o per restare semplicemente a galla? Organizzare la solita spettacolare rapina alla Charlotte Motor Speedway, al confine tra due stati. Tutto qui? La rapina si organizza sotto terra, sotto il mondo di sopra, di quelli che hanno i soldi e che hanno il vento in poppa. Tutto qui, ancora una volta? No. Il cervello del fratello provinciale che partorisce il piano e la sua esecuzione è uno che usa il cellulare solo per le fotografie, non ha un account email e udite udite detesta i programmi tv sul cibo e i serial televisivi. Insomma uno che per i social, la tv dei reality  e la telefonia mobile non esiste affatto. Un pessimo consumatore americano. E questo lo salva. Il suo essere ai margini lo salva dall’analfabetismo di ritorno (e dalle indagini dell’Fbi). E’ uno che ama la famiglia e rispettare i patti, ripararsi l’auto da solo, la musica country, l’esistenza frugale.

Naturalmente al genere delle  rapine Steven Soderbergh aveva già dedicato «Ocean’s Eleven», ma è tutta un’altra America quella descritta nella saga della truffa dei Logan interpretati da Adam Driver e Channing Tatum che non a caso assoldano come complice Daniel Craig, famoso attore per l’interpretazione di numerosi film delle serie agente 007. Ma se anche l’agente britannico per eccellenza, dopo Brexit, è della partita, allora c’è tutta la rabbia della provincia americana (e della Brexit), tutti  i perdenti della globalizzazione, della de-rengolamentazione finanziaria che vuole la sua vendetta, la sua fetta di torta. Un film ambizioso, che strizza l’occhio a chi vuole salvarsi la vita nell’era dei social-media. Un film molto più furbo e ambizioso di quanto voglia sembrare a prima vista. “Ridendo castigat mores”, dicevano i latini. Con l’ironia Soderbergh denuncia l’immoralità di molte scelte sociali.  @vittoriodarold