Sulle orme di Nelson Mandela che proprio qui a Davos convinse il gotha della finanza mondiale che il suo Suafrica era un posto sicuro dove investire. Così il presidente brasiliano Dilma Rousseff, ex militante marxista, che due anni fa snobbò il World Economic Forum di Davos per partecipare a una conferenza anti-capitalista e visitare la Cuba di Fidel Castro, ora ritorna sui suoi passi e segue l’esempio del grande Madiba.
Questa settimana, il presidente brasiliano sarà a Davos per cercare di "vendere" il suo amato Brasile alle élite finanziarie mondiali riunitesi per la 44° edizione del Wef tra le alpi grigionesi.
«Il cambio di atteggiamento della Rousseff è motivato dalla necessità di ricostruire la fiducia scossa dal deterioramento delle finanze pubbliche e da un rallentamento della crescita», ha detto a Bloomberg Gustavo Loyola, due volte presidente Banca Centrale del Brasile alla vigilia del sofferto viaggio in Europa. «Con l’aumento del debito pubblico (uno dei maggiori rischi per la ripresa globale secondo un report del Wef), la moneta in calo, la bilancia commerciale in peggioramento e sempre maggiori critiche sulla sostenibilità dei conti pubblici, la signora Rousseff deve rassicurare la comunità degli affari» ha detto Loyola.
«Il presidente vuole approfittare di Davos per comunicare con gli investitori e rassicurarli», ha spiegato l’ex banchiere, attualmente partner della società di consulenza Tendencias Consultoria Integrada. «Lei sta cercando di vendere il Brasile in un momento in cui gli investitori sono scettici e delusi», ha proseguito l’ex banchiere centrale. Ci riuscira? La squadra di governo brasiliana sarà presente al completo.
Il presidente Rousseff sarà accompagnata dal ministro delle finanze, Guido Mantega, dal governatore della banca centrale, Alexandre Tombini e dal presidente della banca di sviluppo (Bndes), Luciano Coutinho, insieme ad altri alti funzionari. Lei affronterà i ceo e gli altri partecipanti in una sessione speciale guidata dal fondatore del World Economic Forum Klaus Schwab il 24 gennaio.
Davos, quello che alcuni pensano essere solo una sorta di "salotto buono" dove si fanno affari, si scambiano biglietti da visita ma non ha poteri decisori, in realtà è la platea più esigente del mondo, composta dai maggiori amministratori delegati delle più grandi multinazionali globali. Un gruppo di persone dal palato particolarmente difficile, tipi tosti da convincere e che amano essere presi sul serio, molto sul serio. Pena l’esclusione del paese dalle loro rotte di investimento e la cancellazione dalla mappa del business del paese poco convincente.
In questo quadro il Brasile si gioca una carta importante: a novembre un sondaggio di Bloomberg, riportava che il 43 per cento degli investitori descriveva l’economia del Brasile in peggioramento, mentre il 51 per cento era pessimista circa l’impatto delle sue politiche.
Se a questo si aggiungono i timori del tapering della Fed sui mercati emergenti, il compito di Dilma Rousseff non sarà facile. Ma a volte bisogna mettere da parte l’orgoglio nazionale, la vecchia ideologia marxista degli anni giovanili ed essere pragmatici. Madiba, prima di lei, lo ha fatto con successo proprio qui a Davos convincendo il Gotha della finanza e dell’economia mondiale ad investire in Sudafrica.