Che succede in Iran scossa dalle proteste di piazza nella seconda città del paese dove le proteste nate per il caro vita si sono trasformate via via in manifestazioni politiche contro il regime? Siamo di fronte a una primavera iraniana in ritardo rispetto a quelle arabe o a un colpo di coda delle proteste dell’Onda verde? Le ultime proteste politiche di rilevanza nazionale si sono verificate nel lontano 2009, quando la rielezione di Mahmoud Amadinejad come presidente provocò otto mesi di dimostrazioni di piazza poi represse duramente dai Guardiani della Rivoluzione. Oggi i suoi rivali dell’epoca, i leader dell’Onda verde, Karroubi e Moussavi, sono ancora agli arresti domiciliari perché lo avevano accusato di brogli. Poi il regime aveva soffocato ogni dissenso usando il pugno di ferro e riempiendo le prigioni.
Ma torniamo al presente. Un esponente religioso nella seconda più grande città iraniana di Mashhad ha invocato una dura azione di repressione da parte delle forze di sicurezza dopo che centinaia di persone sono scese in piazza per protestare contro l’aumento dei prezzi gridando slogan anti-governativi. Lo riferisce l’agenzia di stampa iraniana ufficiale Irna.
La polizia ha arrestato 52 persone nelle proteste di giovedì, riporta la Fars, l’agenzia di stampa semi-ufficiale che cita un funzionario giudiziario di Mashhad, uno dei luoghi più sacri dell’Islam sciita.
Le proteste politiche sono rare in Iran perché il regime ha sempre represso con durezza ogni accenno di dissenso e messo in galera i dissidenti dopo processi spesso molto dubbi sul rispetto dei diritti dell’accusato. Le poche dimostrazioni di piazza avvenute in seguto al 2009 sono spesso state tenute da lavoratori licenziati o per il mancato pagamento degli stipendi o da risparmiatori che detenevano depositi in istituti finanziari non regolamentati e finiti in bancarotta senza nessuna assicurazione pubblica.
“Se le forze dell’ordine lasceranno campo libero ai rivoltosi, i nemici della repubblica islamica pubblicheranno film e immagini nei loro media e diranno che il sistema ha perso la sua base rivoluzionaria a Mashhad”, ha tuonato Ayatollah Ahmad Alamolhoda, un esponente del clero sciita più conservatore. L’Iran si stava giusto godendo i frutti della vittoriosa campagna militare svolta in Iraq e Siria contro il sedicente stato islamico e probabilmente il regime si era distratto dal fronte interno che invece era pronto a esplodere.
I video pubblicati sui social media hanno mostrato dei dimostranti che gridavano slogan del tipo “Morte al presidente Rouhani” e “Morte al dittatore”. Le proteste si sono svolte anche in almeno altre due città nord-orientali. Insomma la protesta sta dilagando sempre di più e il regime è i grave imbarazzo diviso tra falchi e colombe.
Alamolhoda, il rappresentante della guida suprema l’Ayatollah Ali Khamenei nel nord-est, ha detto che alcune persone hanno approfittato delle proteste di giovedì contro l’aumento dei prezzi per gridare slogan contro il coinvolgimento dell’Iran nei conflitti regionali.
“Alcune persone erano venute per esprimere le loro richieste, ma improvvisamente, in una folla di centinaia di dimostranti, un piccolo gruppo che non superava le 50 unità, ha cominciato a gridare slogan come” Lascia andare la Palestina “,” Non Gaza, non il Libano, io dò la mia vita per l’Iran”, ha detto Alamolhoda.
I video sui social media hanno anche mostrato i manifestanti che cantavano “Lascia la Siria, pensa a noi”, criticando il sostegno militare e finanziario dell’Iran al presidente Bashar al-Assad, che sta combattendo gli oppositori del governo nella guerra civile di sei anni in Siria.
Il vicepresidente Eshaq Jahangiri, un alleato stretto di Rouhani, ha ipotizzato che dietro le proteste ci siano avversari di lunga data del presidente Rouhani.
“Quando un movimento sociale e politico si lancia per le strade, chi lo ha avviato non sarà necessariamente in grado di controllarlo fino alla fine”, ha ammonito Jahangiri secondo la Reuters. “Coloro dirigono nell’ombra questi eventi si bruceranno le dita, e sbagliano se pensano di danneggiare il governo facendo così”, ha concluso.
Il successo di Rouhani, un accordo nel 2015 con le potenze mondiali del 5+1 per congelare il programma nucleare iraniano in cambio della revoca della maggior parte delle sanzioni internazionali, deve ancora portare i vasti benefici economici che il governo dice che arriveranno. Intato il cambio di amministrazione a Washington ha frenato la spinta al dialogo.
La disoccupazione è pari al 12,4 per cento secondo il Centro statistico iraniano, in aumento del 1,4 per cento rispetto all’anno precedente. Circa 3,2 milioni di iraniani sono disoccupati, su una popolazione totale di 84 milioni di persone in maggioranza giovani.
Il governatore di Mashhad, Mohammad Rahim Norouzian, ha riferito che “la dimostrazione di piazza non era autorizzata ma che la polizia è intervenuta con tolleranza”. Insomma il regime non vuole rischiare di infiammare la piazza.
I video pubblicati sui social media hanno mostrato che la polizia antisommossa per ora usa cannoni ad acqua e gas lacrimogeni per disperdere la folla senza fare uso delle cariche con i manganelli.
Norouzian è stato citato dall’agenzia di stampa statale IRNA secondo cui le proteste sarebbero state organizzate da “nemici della Repubblica islamica” e “controrivoluzionari”. Un riflesso condizionato di fronte a qualsiasi dimostrazione di dissenso da parte del regime. L’Iran ha appena firmato contratti per l’esplorazione del gas e del petrolio con la francese Total nel gigantesco campo di esplorazione di Pars.