Giovedi 11 gennaio a Varsavia il Sejm, il Parlamento polacco, ha varato il bilancio 2018 con un deficit di 41,5 miliardi di zloty, con entrate a 355,7 miliardi e spese a 397,2 miliardi. Nella legge di bilancio il governo di destra, che è nel mirino della Commissione Ue, ha ipotizzato una crescita economica del 2018 al 3,8%, un’inflazione media annua del 2,3% e il disavanzo delle amministrazioni pubbliche al 2,7% del Pil. Un quadro più che roseo.
Quanto al deficit di bilancio nel 2017 questo ammonterà a meno di 30 miliardi di zloty – ha detto il ministro delle Finanze Teresa Czerwińska. Insomma il deficit aumenterà ma senza superare il 3% di Maastrich a cui Varsavia peraltro non è tenuta a rispettare ameno che voglia entrare nell’euro nei prossimi anni.
Il ministro degli investimenti e dello sviluppo Jerzy Kwieciński ha valutato che la crescita del Pil in Polonia nel quarto trimestre 2017 sarà vicina a quella del 3 ° trimestre del 2017. Il ministro ha aggiunto che la crescita del Pil al 3,8% nel 2018 è un’ipotesi prudente e che l’economia polacca non dovrebbe avere problemi con il suo raggiungimento. Tutto bene, dunque? Non proprio. Il rischio a Varsavia è tutto di natura politico basato sui uno scontro con Bruxelles intenzionata far scattare le sanzioni del Trattato all’articolo 7 per le leggi che minano l’indipendenza della magistratura fino al congelamento del diritto di voto del paese sotto accusa. Un passo mai fatto in precedenza.
Ma Varsavia non sembra molto preoccupata delle minacce di Bruxelles, forse sapendo che l’Ungheria di Orban la proteggerà fino alla fine impedendo con il veto l’unanimità necessaria per infliggere le sanzioni.
Infatti il nuovo capo del Comitato delle finanze pubbliche è Andrzej Szlachta, parlamentare di Diritto e giustizia (PiS), che ha sostituito Jacek Sasin, nominato nuovo capo del comitato permanente del Consiglio dei ministri. Il nuovo capo della commissione per le Finanze pubbliche ha informato che il comitato desidera riprendere i lavori sul progetto di modifica del disegno di legge sul sostegno ai mutuatari in valuta straniera quanto prima, forse già alla fine di gennaio. Una vecchia storia che ha colpito duramente migliaia di risparmiatori che avevano aperto mutui in monete forti come euro e franco svizzero e poi erano rimasti intrappolati nel momento in cui i tassi erano saliti. In Ungheria però il governo Orban fece pagare in passato il salasso alle banche per scelte rischiose sui cambi fatte dai correntisti. Che farà Varsavia su questa vicenda? Il precedente ungherese di stampo tutto populista non tranquillizza affatto gli investitori internazionali. Staremo a vedere nei prossimi mesi.