Trump manda un siluro al modello “export oriented” tedesco

No, non è affatto un Buongiorno per la Germania senza governo dal 24 settembre 2017 dove domani gli iscritti al partito socialdemocratico dovranno decidere con il voto se tornare o meno a fare una Grosse Koalition con Angela Merkel e i suoi alleati conservatori-bavaresi. A rovinare la festa a Berlino è stato ancora una volta il presidente americano Donald Trump che ha deciso di mettere in soffitta un altro pezzo del puzzle della globalizzazione e dei liberi commerci facendo un passo in avanti su quanto aveva annunciato al Vertice del G 7 di Taormina dove, non a caso, la cancelliera Merkel, sgomenta, aveva commentato a caldo: dovremmo cominciare a pensare a fare da soli in Europa. Ai più era sembrata una reazione eccessiva poco meditata, ma, invece, Angela aveva visto il pericolo avvicinarsi alla velocità della luce sul suo Paese.

Nel bersaglio dei dazi americani su acciaio e alluminio c’è  infatti il modello di esportazione tedesco (e italiano e giapponese). Questo modello che gli economisti chiamano export-oriented o mercantilista è in gravissimo pericolo, messo nel mirino dall’incombente guerra commerciale dei dazi di Trump che ha lo strano vizio per noi cinici europei di fare ciò che ha promesso in campagna elettorale.

Basta dare un occhiata ai dati per capire cosa potrebbe accadere: il surplus della bilancia commerciale della Germania è balzata all’8,2% del PIL e questo tesoretto ora è in pericolo. Quasi tutta la crescita economica nel 4 ° trimestre è derivata dalle esportazioni nette poiché la domanda interna rimane debole. I falchi dell’amministrazione Trump sembrano aver vinto e l’Europa deve correre ai ripari al più presto con politiche di difesa ma anche di sostegno ai consumi interni. E soprattutto evitare politiche monetarie che possono far aumentare il valore dell’euro. Oltre che alla guerra commerciale siamo di fronte a quella valutaria. Il presidente della Bundesbank Jenas Weidmann è avvisato.