Lo status di paese in via di sviluppo della Cina nella Wto nel mirino Usa a Davos

A Washington non è proprio piaciuta l’edizione del 2017 del Wef a Davos tra le nevi dei Grigioni quando il presidente Trump stava per giurare alla Casa Bianca e il presidente cinese Xi Jinping si fece paladino del libero scambio, mentre l’amministrazione americana sosteneva il protezionismo.  Una ferita che ancora fa male nonostante l’anno successivo Trump prese il palconoscenico ma non riuscì a far dimenticare l’ottima performance di Xi Jinping agli occhi del ghota finanziario e industriale mondiale.

Ora Washington, nonostante lo shutdown che terrà a casa il presidente americano, è pronta a lanciare un siluro a Pechino in materia commerciale. Come? Gli Stati Uniti di Donald Trump, come da programma, stanno intensificando il loro pressing istituzionale nel dibattito sulla riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio e mettono nel mirino le politiche dell’organismo di Ginevra che consentono alla Cina di beneficiare di regole intese a sostenere le nazioni più povere. In effetti quando la Cina entrò nella Wto era una paese in via di sviluppo, ma oggi è ancora così? Sono in molti a dubitarne.  Washington ha anche minacciato addirittura di uscire dalla Wto se non ci saranno cambiamenti effettivi.

Il 16 gennaio gli Stati Uniti hanno pubblicato un interessante documento che critica in partcicolare i regolamenti della Wto che consentono ad alcuni paesi di rivendicare speciali diritti di “sviluppo” che includono delle esenzioni dalle discipline dell’Wto, come quella secondo cui un paese in via di sviluppo può sovvenzionare i suoi agricoltori. Le dure critiche americane sono contenute in un rapporto che la Bloomberg ha potuto visionare e di cui ha diffuso alcuni estratti. Washington sta facendo pressione damesi affinché Pechino acquisti ad esempio più soia americana per la gioia degli agricoltori a stelle e strisce e della Casa Bianca.

Gli Stati Uniti hanno affermato nel rapporto, che verrà reso pubblico tra le nevi del Wef di Davos, che la politica della Wto che consente un’auto-dichiarazione per  lo status di paese in via sviluppo ha messo la stessa organizazione “sulla strada del fallimento dei negoziati” e “dell’irrilevanza istituzionale”. Parole dure che evidentemente tendono ad aumentare la pressione negoziale verso la Cina e costringerla a concessioni sostanziali. In passato però i cinesi hanno resistito alle pressioni americane facendo chiaramente intendere che i negoziati devono essere win-win, cioè di reciproco interesse e vantaggio.

Il dossier sulla Wto degli Stati Uniti segna l’ultima raffica di proposte degli Stati Uniti per riformare l’organizzazione internazionale del Commercio. Il documento degli Stati Uniti aggiungerà altre proposte nella discussione su come i paesi possano modernizzare e rafforzare le regole della Wto al fine di garantire che possa affrontare in modo efficace le nuove sfide del commerciale post-prima ondata di globalizzazione.

I funzionari degli Stati Uniti hanno in programma di discutere il dossier con le contropari durante la riunione della prossima settimana della Wto che si tiene come ogni anno a margine del World Economic Forum di Davos, in Svizzera. E non sarà una riunione di semplice routine.