Turchia, Erdogan non vuole i tassi alti e la Banca centrale si adegua

Erdogan come Trump non ama l’aumento dei tassi di interesse. Ma a differenza della Fed la banca centrale turca ha eseguito gli ordini del presidente Erdogan mantenendo invariati i tassi di interesse, sfidando le aspettative del mercato che scommettevano in una politica monetaria restrittiva per frenare l’inflazione.

Nella sua prima decisione di politica monetaria, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha sbalordito gli investitori e convinto facilmente suo genero, il nuovo ministro delle Finanze turco, a non modificare i livelli dei tassi. La Borsa di Istanbul e lira hanno capito l’aria che tira e sono andati entrambi a picco.

“Piotr Matys, uno stratega valutario della Rabobank di Londra, ha dichiarato:” Questa è una decisione scioccante”. Possibile?

Berat Albayrak, 40 anni, è stato appena nominato ministro delle Finanze ma non sembra aver capito l’allarme che giunge dai mercati. L’ex ministro dell’Energia ha sostenuto le opinioni economiche non ortodosse di suo suocero, in particolare il fatto che secondo Erdogan una politica monetaria accomodante porta a un’inflazione più bassa.

A spaventare gli investitori è la messa in discussione dell’indipendenza della banca centrale, punto nevralgico per qualsiasi fondo straniero che punta sui mercati emergenti e non vuole scottarsi le dita.

Erdogan, al potere dal novembre 2002, ha iniziato un nuovo mandato di cinque anni questo mese dopo aver vinto un’elezione presidenziale che lo rende il più potente uomo politico del Paese dai tempi di Mustafa Kemal Ataturk, il padre della Turchia moderna.

Ma Erdogan crede di piegare l’economia ai suoi desideri. Il leader turco, 64 anni, nel corso della campagna elettorale si è ripetutamente scontrato con la banca centrale sul livello dei tassi di interesse che Luis vorrebbe bassi anche in presenza di un’economia surriscaldata.

Jason Tuvey, economista sui mercati emergenti presso Capital Economics a Londra, ha dichiarato che è stata presa la decisione di mantenere una”crescente influenza” sulla banca centrale, che è una decisione molto negativa per gli investitori.

“Il perseguimento di una politica economica di questo tipo aumenterà le vulnerabilità dell’economia turca” e, ironia della sorte, “aumenta la pressione del mercato sulla banca centrale turca per intraprendere azioni di emergenza”, ha affermato Tuvey. Insomma più si aspetta e più Ankara se ne pentirà.

La lira è scesa del 4,2% a 4,9384 dollari. L’indice della Borsa di Istanbul 100 delle azioni turche ha subito un calo dopo l’annuncio della banca centrale, facendo registrare un calo del 2,9% a partire dalle 15:30. ora locale. Ma questo è solo l’inizio.
La SVOLTA

Erdogan ha smesso di ascoltare i consiglieri come Mehmet Simsek, il vice primo ministro per l’economia ed ex banchiere Merrill Lynch che era stato messo in un angolo a favore di altri consiglieri che aveva suggerito di sfidare i mercati.
Gli investitori stranieri dal novembre 2002, anno della vittoria dell’Akp, il partito di Erdogan, hanno investito massicciamente in Turchia. Il reddito pro capite è passato in dieci anni da 2.500 dollari a 10mila facendo uscire milioni di persone dalla povertà.
Il governo AKP ricordava che l’economia è tornata a salire nel 2017 del 7,4%. Vero ma questa crescita, tuttavia, è stata accompagnata dal deficit delle partite correnti che si è ampliato al 6% del Pil e dall’inflazione che ha raggiunto quasi l’15,39%. La Turchia ha il 33% aziende indebitate in valuta estera e questo la rende vulnerabile a rialzi dei tassi americani o del dollaro.
Durante una visita a Londra nel mese di maggio, Erdogan ha detto alla Bloomberg tv che avrebbe assunto un maggiore controllo della politica monetaria. Quello è stato un segnale di allarme. “Anche la sola minaccia di interferenze politiche nel fissare i tassi di interesse danneggerà l’economia turca – ha dichiarato Durmus Yilmaz, governatore della Banca centrale turca dal 2006 al 2011 e ora consulente di un partito di opposizione di nuova formazione, lo IYI Parti, il Buon partito, della signora Aksener, ex ministro degli Interni turco.

”Questa retorica è estremamente pericolosa e metterà la Turchia in una strada senza uscita”, ha detto Yilmaz in un’intervista rispondendo alle osservazioni di Erdogan. “La Turchia ha provato la stessa vicenda nel 1994 ed è così che siamo finiti con una crisi in cui i tassi di interesse, che all’epoca i politici ritenevano troppo alti, hanno superato il 400%”. Solo un governo tecnico alla fine rimise i conti in ordine e diede stabilità al paese dopo una attenta pulizia nei conti bancari. Ma la lezione è stato presta dimenticata.
Ora il deficit delle partite correnti è arrivato a 47,2 miliardi di dollari (5,6% del Pil) rispetto ai 33,1 miliardi (3,6% del Pil) dell’anno precedente. Inoltre le riserve valutarie ammontano a soli 87,9 miliardi di dollari. Questo dato si deve rapportare con un fabbisogno finanziario estero pari, secondo dati EIU, a 222 miliardi di dollari nel 2018. Insomma le imprese turche rischiano di dover pagare un conto salato per l’instabilità valutaria del Paese della Mezzaluna sul Bosforo.