La Grecia brucia ancora una volta come avviene in tutte le estati. Come nel 2007 quando i roghi dolosi appiccati per strappare terreni alla speculazione edilizia provocarono 60 morti. Ma questa volta è diverso perché ad aggravare la situazione ci sono stati anche i tagli alla protezione civile e ai vigili del fuoco.
Il rogo di quest’anno che ha provocato 81 morti nell’Attica orientale ha minacciato perfino Atene, la capitale con i suoi 5 milioni abitanti e i suoi monumenti storici, il più grade museo all’aperto dell’eredità occidentale.
Un’altra tragedia colpisce dunque la Grecia, piegata da un decennio di crisi economica, dove la parola prevenzione è ancora purtroppo un vocabolo poco conosciuto e ancor meno praticato.
Certo l’inverno scorso è stato poco piovoso, le temperature estive molto elevate e il vento incredibilmente impetuoso.
Ad agosto la Grecia uscirà dal terzo piano di aiuti: una festa amara dove nessuno avrà voglia di festeggiare. Un decennio di durissima austerità, dove il quattordicesimo taglio alle spese pubbliche ha significato che i servizi di emergenza e di pronto intervento – che hanno subito tagli per 34 milioni di euro nell’ultima legge di bilancio e la riduzione di un terzo degli organici dei pompieri passati da 12mila a 8mila e poi risaliti a 12mila per le proteste popolari – non hanno saputo far fronte a quel genere di condizioni meteorologiche estreme che abbiamo visto manifestarsi in giro per il mondo.
Il risultato di questa ennesima catastrofe (parola di origine greca) è la tragica perdita di vite umane a un livello che nei paesi sviluppati si pensava ormai un retaggio del passato.
Un costo di vite umane a cui gli scarsi mezzi della protezione civile ellenica non hanno saputo porre un argine sufficiente se non con il coraggio e la dedizione personale. Troppo poco, troppo tardi. Servizi pubblici con fondi inadeguati a causa dei tagli alle spese imposti dai creditori preoccupati di non dare segnali di debolezza ai falchi dell’austerità, mancanza di prevenzione e venti estremamente violenti: questi i componenti di una tempesta perfetta sopra il Partenone che si abbatte ancora una volta sulla terra di Grecia colpita dai suoi errori, di quelli dei suoi creditori e dal clima estremo, provocando un cocktail micidiale.
Poi c’è la piaga dell’abusismo.
Mati, la cittadina cancellata dalle fiamme degli incendi in Grecia, è “la capitale dell’abusivismo”. Nel corso degli anni “i governi hanno condonato” l’edificazione di abitazioni “senza regole”. Lo hanno riferito all’Ansa fonti vicine al governo di Atene guidato da Alexis Tsipras. “La ricostruzione sarà difficile, in ogni caso il governo sta valutando di varare un piano regolatore”.
Nella cittadina, “è stato permesso a tutti di costruire ovunque, anche sulla spiaggia, in spregio a ogni regolamento e legge del Paese”, aggiungono le fonti. Ora è giunto il momento di voltare pagina. Che le polemiche, finora tenute sotto tono, stiano venendo alla luce dopo il lutto che ha unito il paese, è apparso chiaro quando Syriza, il maggiore partito di governo ha deciso di non inviare nessun suo iscritto alle trasmissioni radiofoniche e televisive di Skai, il maggior gruppo editoriale del paese di ispirazione conservatrice, che aveva cercato di sollevare il tema delle responsabilità sull’efficacia dei soccorsi. Un tema politico e sociale che dovrà essere affrontato magari con una commissione d’inchiesta parlamentare che indaghi sul sistema di prevenzione. Il tema è troppo importante per un paese a vocazione turistica per lasciarlo cadere nel dimenticatoio.