Dopo otto anni di assistenza finanziaria – che hanno comportato enormi sacrifici per il popolo greco – l’Eurogruppo il 21 giugno 2018 ha dato il via libera alle misure utili per consentire ad Atene di concludere positivamente il terzo programma di aiuti. Il che significa che Atene dal 20 agosto 2018 potrà finanziarsi da sola e aprire un nuovo capitolo. La tappa è un passo storico per la zona euro, la fine della crisi dei debiti sovrani. Ma quanti errori è costato questo traguardo lastricato di lacrime e sangue? E non si poteva evitare tutta questa intransigenza sul fronte dell’austerità? Senza contare che alcuni autori ritengono che questo accordo sia simile al bacio della morte come scrive Polychroniou su Ththout https://truthout.org/articles/eus-debt-deal-is-kiss-of-death-for-greece/#
La catena di errori
Secondo fonti ben informate nel 2009 Il direttore generale del Fmi Christine Lagarde e la cancelliera Merkel erano pronte a considerare un’uscita di Atene dall’euro ma vennero frenati dall’allora governatore della Bce, Jean Claude Trichet, e dal ministro delle Finanze di Berlino, Wolfgang Schäuble che temevano ripercussioni per le banche tedesche, francesi e olandesi piene di bond greci (più redditizi dei bund) e ritenuti senza pericolo perché nell’eurozona (moral hazard). Germania e Francia decisero di non applicare l’haircut (il taglio del debito) come chiedeva insistentemente il Fmi per evitare di dover poi salvare a proprie spese le rispettive banche nazionali pesantemente coinvolte. Ci si limitò all’austerità e ai prestititi statali (non c’era ancora il Fondo salva stati) e a consentire alla Bce di acquistare bond greci sul mercato secondario venduti dalle banche francesi, tedesche e olandesi a piene mani.
Nel 2012 le cose erano cambiate: il debito greco non era più in mano a creditori privati che rischiavano a loro volta il default ma era in mani pubbliche e a piccoli risparmiatori e pensionati greci. Così si fece il più grande haircut (200 miliardi di euro) della storia moderna. Successivamente le posizioni di Merkel e Schäuble si invertirono nel 2015 e il ministro delle Finanze tedesco, esasperato dal ministro greco Varoufakis, preparò un piano che presentò a Bruxelles secondo cui Atene poteva uscire dall’euro per un periodo di 5 anni perché non era più preoccupato per la sopravvivenza dell’euro stesso. Era la fine di un tabù.
Schaeuble per essere certo della Grexit aggiunse una richiesta che Tsipras non avrebbe potuto accettare; chiese la creazione di un fondo che avrebbe dovuto incamerare i fondi delle privatizzazioni greche da collocare in Lussemburgo. L’Italia di Matteo Renzi e la Francia di François Hollande si opposero a questa proposta di Grexit che però venne fatta con il sostegno dei paesi nordici. I negoziati durarano 17 ore a margine del vertice di Bruxelles alla presenza di Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, la cancelliera Merkel, il presidente francese François Hollande, Alexis Tsipras e il nuovo ministro delle finanze greco Euclid Tsakalotos. Alle fine l’accordo fu trovato e Atene accettò il terzo piano di aiuti da 86 miliardi di euro con le relative richieste di aumentare le imposte e diminuire le spese sociali.
La Grecia, umiliata, accettò i patti e ora si appresta ad agosto ad uscire dal terzo piano di salvataggio con il ritorno sui mercati ma i controlli dei capitali sono ancora in vigore e senza avere nemmeno una linea di credito precauzionale così come richiesto dal capo della missione della Bce in Grecia, sostenuto per tale linea di credito cautelare dall’Fmi e persino della banca centrale greca.
Le cifre del disastro
Alcune cifre per capire cosa avvenuto: in 8 anni, la Grecia ha beneficiato di 326 miliardi di euro di crediti a disposizione, di cui 273,7 miliardi di euro erogati, e di cui 241,6 miliardi a carico dagli stati membri dell’area dell’euro. Una cifra enorme.
In cambio di questi prestiti, la Grecia ha attuato un’ondata di austerità senza precedenti e un maxi pacchetto di riforme. Il Pil è stato ridotto del 25%, le pensioni hanno subito tagli per 13 volte e al primo gennaio 2019 ce ne sarà un’altro con un altro aumento delle imposte dirette. L’Fmi ha ammesso di aver sbagliato i calcoli del moltiplicatore sottostimando gli effetti recessivi che hanno aumentato le fasce di povertà nella popolazione e ha chiesto inutilmente anche nell’ultimo report del 29 giugno 2018 http://www.imf.org/en/News/Articles/2018/06/28/ms062918-greece-staff-concluding-statement-of-the-2018-article-iv-mission di rendere sostenibile il debito con un secondo taglio del capitale. In altri termini l’Fmi dice che nel medio lungo termine il debito greco non è sostenibile.
La Grecia ha varato 450 riforme nel corso degli ultimi tre anni che hanno avuto l’effetto di consolidare le finanze pubbliche, ripristinare la stabilità finanziaria, modernizzare lo stato e l’amministrazione fiscale. Le ultime 88 riforme sono state varate la scorsa settimana ma restano dubbi sulle capacità di implementare queste leggi. Secondo Rania Ekaterinari, responsabile del fondo sulle privatizzazioni, la Grecia rispetto ai 50 miliardi di euro previsti dalle cessioni statali ha finora incassato solo 6,8 miliardi di euro: 3,4 nel 2016, 1,4 miliardi nel 2017 e 2 nel 2018. Noccioline.
Dopo tanti sacrifici I risultati economici sono arrivati: dopo anni di recessione, nel 2017 la Grecia ha registrato una crescita positiva dell’1,4%. E le previsioni Ue sono incoraggianti: 1,9% nel 2018, 2,3% nel 2019.
Lo stesso vale per le finanze pubbliche. Nel 2009 la Grecia aveva il deficit di bilancio più alto in Europa -15,1%, ora registra un avanzo di bilancio dello 0,8% (cioè un avanzo primario di 4,2 % nel 2017). Una trasformazione incredibile pagata con la svalutazione interna. Un quinto della forza lavoro però non ha ancora un lavoro e 500mila greci hanno dovuto migrare dall’inizio della crisi, in maggioranza giovani e ben istruiti. La contrattazione collettiva è stata congelata e il salario minimo ridotto. La povertà e l’insicurezza economica restano alte. È quindi tempo che la Grecia si regga in piedi da sola ma anche che tutti riconoscano gli errori reciproci fatti in questa lunga partita dove Atene ha pagato molto caro l’errore di aver falsificato i conti pubblici. Cioè che è mancato fin dall’inizio è stata la fiducia reciproca pur avendo in tasca la stessa moneta.