Grecia, la sfida di Tsipras per la Macedonia: essere il paladino di Ue e Nato nei Balcani

Alexis Tsipras è sulle orme del grande leader socialista degli anni 90, Andreas Papandreou. Il premier greco infatti sta giocando l’ennesima difficile partita sull’accordo con la Macedonia per diventare il pacificatore e il paladino della Ue e della Nato nei Balcani.
Il partito dei Greci Indipendenti di Panos Kammenos, suo prezioso alleato si è sfilato dalla maggioranza e ha aperto una crisi dagli esiti incerti. Kammenos ha una pattuglia di sette deputati, sufficienti a far passare il governo di Tsipras oltre la soglia dei 150 deputati nel parlamento monocamerale composto da 300 membri.
Il partito radicale di Tsipras ha solo 145 seggi oltre al supporto di un deputato indipendente.
Senza un appoggio esterno Tsipras deve dimettersi.
La Grecia, però, ha una provincia nel Nord chiamata Macedonia e ha richiesto a lungo che Skopje cambiasse il nome del paese (oggi Fyrom cioè ex Repubblica jugoslava di Macedonia) per rimuovere quella che Atene considerava una pretesa implicita al territorio sovrano greco della regione industriale di Salonicco.
Le aspirazioni della Macedonia di entrare nell’Unione europea e nella NATO sono state sempre bloccate dal veto della Grecia per la annosa disputa sul nome.
Il leader nazionalista Kammenos ha sempre affermato che qualsiasi accordo che avesse incluso “Macedonia” nel nome dello stato balcanico nel nord della Grecia sarebbe stato inaccettabile in quanto il nome è irrevocabilmente legato alla civiltà e alla cultura greca.
Kammenos ha pure definito l’accordo come una svendita della sovranità nazionale e ha ripetutamente minacciato di andarsene se Tsipras avesse votare l’accordo nel parlamento greco per la ratifica.
Ma Tsipras, dopo il sì al patto del parlamento macedone di Skopje, spera, che l’accordo passi in aula anche ad Atene con il sostegno dei deputati socialisti del Pasok di Evangelos Venizelos e alcuni indipendenti. Tsipras ha il sostegno di Usa e Ue in questa scelta.
A quel punto Syriza, che è tra otto e 12 punti percentuali in svantaggio nei sondaggi rispetto  al principale partito conservatore di Neo Dimokratia, che si è sempre opposto all’accordo con la Macedonia, potrebbe formare una nuova maggioranza con i socialisti del Pasok e altri indipendenti o, in caso di fallimento, dover gettare la spugna e rassegnare le dimissioni.
In ogni caso ne uscirebbe, in vista del voto, come un paladino dell’Occidente.