Il premio Nobel per l'economia, Paul Krugman, ha ribadito che "l'uscita dalla Grecia dalla zona euro è più probabile che no, sebbene sia meno certo di quanto fosse in precedenza". E' una storia stucchevole che torna a galla in modo ormai ripetitivo ogni volta che l'euro si rinvigorisce e i tassi sui bond decennali greci scendono mentre i prezzi aumentano.
Ci sono dei circoli americani conservatori ed europei populisti che non si stancano di ripetere come l'austerity tedesca e il controllo dei conti pubblici e il recupero della competitività attraverso maggior concorrenza e riforme strutturali porti i paesi alla rovina, mentre spendere senza controllo e favorire classi dirigenti corrotte e benigne verso l'evasione fiscale sia la soluzione di ogni problema. Stupisce che al coro si unisca un liberal come Krugman. Probabilmente tenere un blog sul New York Times, insegnare all'Università e scrivere libri lascia poco spazio per la riflessione e ogni tanto si scrivono cose che sarebbe stato meglio non scrivere affatto. E' come se io scrivessi che l'Alaska o il Texas, stanchi di pagare a Washington più di quello che ricevono, volessero fare un referendum per staccarsi dagli Usa. Ci sono alcuni abitanti di quesgli stati che lo pensano e lo sostengono apertamente ma da qui a dire che l'integrità degli Usa e del dollaro sono a rischio secessione ce ne passa.