I superbonus dei banchieri continuano a restere elevati nonostante la crisi economica e i miliardi concessi dagli Stati, come il Tarp americano concesso ai tempi dal presidente George W. Bush, per salvare gli istituti di credito in difficoltà dopo il fallimento di Lehman Brother nel settembre 2008. Michael Corbat, da ottobre amministratore delegato di Citigroup al posto di Vikram Pandit, riceverà per il 2012 compensi per 11,5 milioni di dollari, quasi quanto incasserà il suo omologo James Dimon, numero uno di Jp Morgan Chase. Un bel gruzzolo.
Come fa notare il Wall Street Journal, la Bibbia del capitalismo americano, la differenza è che l'anno scorso Jp Morgan ha registrato un utile netto di 21,3 milioni di dollari, mentre quello di Citigroup, che ha annunciato 11.000 licenziamenti, si è fermato a 7,54 miliardi di dollari. C'è qualcosa che non va in uno dei due bonus.
Certo Dimon è incorso in un grave infortunio, chiamato, con un soprannome, la London Whale, la balena di Londra. Una Moby Dick della finanza che ha causato a Jamie Dimon di JP Morgan, un naufragio da 2,3 miliardi di dollari. Sono queste le perdite di trading in sei settimane, da scommesse sbagliate sui derivati compiute da Bruno Miche Iksil, trader di un'oscura divisione della banca, il Chief Investment Office, formalmente incaricato di effettuare hedging, cioè di proteggerla dal rischio. E soprattutto dal suo uffficio di Londra e da un trader divenuto appunto noto, per le dimensioni e l'aggressività delle sue operazioni, come la Balena. Eppure Dimon l'ha schivata ancora una volta e seppur ammaccato ha tenuto botta .
Quanto a Citi, la banca newyorkese ha anche presentato un nuovo piano più severo che cerca di agganciare i compensi all'andamento del titolo e al ritorno degli asset. Prevede che il 30% dei compensi degli alti dirigenti, compreso Corbat, sia assegnato dopo tre anni e sia legato alla performance in quell'arco di tempo. Tutti modi per cercare di legare i bonus a risultati di lungo termine per evitare gestioni "mordi e fuggi".
In questo modo Citigroup vuole evitare che, come è successo l'anno scorso, gli investitori arrabbiati respingano il piano di compensi durante l'assemblea annuale in programma per la
primavera. "L'anno scorso il no è arrivato perché c'era troppa discrezionalità nell'assegnazione dei compensi", ha detto Robin Farracone, fondatore e amministratore delegato di Farient
Advisors. La battaglia però non sembra sopita.
Dalla crisi finanziaria del 2008 in poi, i grandi istituti americani sono stati messi sotto pressione per quanto riguarda i compensi, complice un periodo di performance deludente dei titoli. Per il 2012 Jp Morgan ha per esempio dimezzato i compensi di Dimon e Morgan Stanley ha ridotto del 19% a 26,11 milioni i pagamenti all'amministratore delegato James Gorman. Ma a molti risparmiatori questo ancora non basta.
La verità è che i bonus dei banchieri continuano a restare elevati nonostante i vari tentativi di molti esponenti politici o istituzionali, da ultimo quello della Commissione Ue, di parificarli 1 a 1, cioè il bonus non può essere superiore all'ammontare dello stipendio. L'opposizione dei banchieri a questre restrizioni è forte perché ritengono che se non adeguatamente retribuiti i cervelli e i manager migliori emigrerebbero in altre aree del mondo, meno regolamentate. E in un mondo globalizzato come la finanza questo sarebbe come spararsi un colpo di pistola sui piedi.
Il dibattito resta molto aperto: certo è che con le sempre maggiori difficoltà a ritrovare la ripresa economica i superbonus ai banchieri sono sempre meno popolari e soprattutto meno giustificati davanti ai sacridfici chiesti agli investitori sui dividendi.