Sulle privatizzazioni sul Bosforo soffia il vento della cautela. Il governo di Ankara ha annullato a sorpresa venerdì scorso la vendita dei diritti di esercizio di strade a pedaggio della Turchia e di due ponti sul Bosforo, giustificando la scelta per le offerte ricevute in asta inferiori alle aspettative della vigilia. Il gruppo Koc, il più grande della Turchia, unito alla società di private equity Gozde Girisim di Istanbul, e la società malese UEM Gruppo Bhd, hanno fatto un'offerta complessiva pari a 5,7 miliardi di dollari ad Ankara ma il premier Erdogan ha fatto annullare l'asta perché l'offerta è stata giudicata troppo bassa. Un caso isolato o l'inizio di un ciclo economico dove gli investitori internazionali si fanno più selettivi e puntano sulle esigenze di cassa degli Stati?
Il governo islamico-moderato di Recep Tayyip Erdogan non ha fretta, la situazione di cassa dello stato non preoccupa ma ora pensa di fare un'offerta pubblica di una quota di azioni invece di una vendita, ha riportato domenica il quotidiano Milliyet, citando fonti vicine al primo ministro.
Il Paese sul Bosforo è cresciuto del 2,5% l'anno scorso e quest'anno si attende un balzo del 4,5 % pari a 858 miliardi di dollari complessivi, ma il governo turco deve comunque fare cassa per ridurre il deficit delle partite correnti con l'estero, un Tallone d'achille che ha toccato nel recente passato il 10% del Pil, un livello troppo elevato.