Proviamo a capire cosa è accaduto il 1° agosto 2013 con la sentenza definitiva per frode fiscale a Silvio Berlusconi in chiave sistemica. Un passo indietro può essere utile: la prima Repubblica viene spazzata via da Mani Pulite nel 1992 perché i cinque partiti di governo (Dc, Psi, Pli, Psdi, Pri) e quello di opposizione (Pci) non riuscivano più a dirigere il paese ma ne erano diventati il freno e la causa del debito pubblico. La seconda Repubblica diventa con il bipolarismo il tentativo di immettere nella nostra tradizione politica il sistema dell'alternanza all'americana, con due soli partiti nell'agone politico.
Questo è il progetto politico ideato da Romano Prodi con l'Ulivo che costringe il centro-destra a formare un raggruppento di forze analogo: il Pdl. Il nuovo sistema sostanzialmente non funziona perché le coalizioni sono solo raggruppamenti elettorali, cioè sono coalizioni che si sfaldano all'indomani della vittoria alle urne e sono prive di capacità di governo. Non c'è traccia di nessuna riforma strutturale significativa nei venti anni che vanno dal 1993 al 2013, salvo il breve periodo di guida del Governo di emergenza nazionale dato dal presidente Giorgio Napolitano al senatore a vita Mario Monti. Riforma seppure frettolosa delle pensioni, timida riforma del lavoro, legge Severino del 2012 che rende inelegibile chi subisce una condanna definitiva superiore a due anni. Quest'ultima legge è la fine del governo Monti, come lo stesso ex premier tecnico ha voluto ricordare perché taglia di netto e in modo automatico un legame pernicioso tra politica e fedina penale.
Ora si arriva alla Terza Repubblica che ha davanti a sè due ipotesi: la prima quella del ritorno al proporzionale, magari temperato con una soglia di sbarramento alla tedesca del 4%; la seconda un sistema di doppio turno alla francese che avvantaggerebbe i due ex partiti oggi al centro dello schieramento bipolare ma non consentirebbe una chiara rappresentanza in parlamento di tutte le forze esistenti nel paese. Un sistema proprorzionale costringerebbe i partiti a trovare un'intesa in parlamento: operazione ardua ma alla fine le grandi riforme in Italia sono state partorite quando c'era il consenso ampio di tutte le maggiori forze del paese. Un sistema che nei fatti non si discosta molto da quello americano dove ci sono due maggioranze diverse al Senato e alla Camera dei rappresentanti, e che quindi costringe presidente e partitit a trovare un compromesso accettabile per tutti.