Ma dopo la rivolta e la dura repressione a Gezi Park il panorama politico turco è cambiato e l’ennesimo scontro tra Erdogan e questa volta un suo ex sostenitore come il potente leader religioso Fettulah Gulen, rappresenta l’ennesimo infortunio, questa volta interno, di una politica troppo autoritaria e decisionista.
Così non resta che prendere atto dell’ennesimo frutto avvelenato di una politica estera che era partita per non avere nessun problema con i vicini e ne raccolti più di quanti ne avesse ereditati.
Soprattutto ora che l'ambasciatore turco al Cairo, Huseyin Avni Botsali, è stato dichiarato persona non grata e a breve gli verrà ordinato di lasciare il Paese, e poche ore dopo Ankara ha convocato l'ambasciatore egiziano Abderahman Salah el-Din e gli ha comunicato l'espulsione «in base al principio di reciprocità delle relazioni diplomatiche anche lui è considerato persona non grata».
L'ambasciata egiziana ad Ankara verrà declassata, resterà solo un incaricato d'affari. Lo stesso, ha deciso la Turchia avverrà alla sede diplomatica turca al Cairo.
Da tempo le autorità egiziane accusavano il governo di Ankara di sostenere i Fratelli Musulmani e il premier turco Recep Erdogan aveva chiesto la scarcerazione del presidente deposto Morsi. Ora ad Erdogan non resta che sperare di fare un accordo almeno con i curdi del PKK.Altrimenti gli resteranno solo gli innegabili successi, economici. Cioè sarà una stagione di politica estera, parafrasando l'allenatore portoghese Jose' Mouriho, da zeru titoli.