In Austria è in corso un acceso dibattito su chi e come debba pagare il conto finale del salvataggio di Hypo Alpe Adria, banca della Carinzia già nazionalizzata nel 2009 e ora di nuovo in sofferenza e in procinto di essere salvata una seconda volta.
Sul tema si affrontano due posizioni opposte: la prima espressa dal ministro delle Finanze, Michael Spindelegger, che ha annunciato che non intende accollare l’intero peso del salvataggio solo sui contribuenti ma vorrebbe coinvolgere anche gli investitori privati sullo stile di quanto è accaduto a Cipro, con le perdite sui depositi, e in Grecia, con l’haircut dei bond sovrani; la seconda posizione è quella di Ewald Nowotny, governatore della Banca centrale austriaca, che vorrebbe che fosse lo Stato a garantire tutti i debiti della banca come hanno fatto la Germania e l’Olanda in passato in analoghe situazioni.
Insomma, dice Nowotny, Vienna non è la Grecia, ma deve fare come la Germania che ha salvato con i propri soldi le proprie banche senza chiedere contributi agli investitori privati e mettere a rischio il proprio rating internazionale. Ne va di mezzo l’immagine del paese alpino come piazza finanzaria, visto che l’intero sistema bancario austriaco è quasi 3 volte più grande del Pil nazionale. Insomma un tema sensibile anche per gli altri partner europei.
Il governatore Nowotny ha ammesso che aiutare la Hypo Alpe Adria potrebbe costare altri 3,6 miliardi di euro quest’anno (oltre ai 4,8 miliardi di euro già versati) e far superare al deficit il limite del 3% a causa di un incremento del disavanzo di 1,2 punti base. Ma che questa è la strada da percorrere anche se c’è chi teme che il salvataggio di Hypo Alpe Adria potrebbe causare il declassamento del rating austriaco. Questo è un conto salato da pagare perché l’ipotesi di coinvolgere i privati farebbe salire – secondo calcoli della Banca centrale austriaca – il costo totale del salvataggio del sistema a 16-17 miliardi di euro a causa dell’effetto domino sulle altre banche e istituzioni austriache. Insomma una salasso maggiore.
Dopo la disastrosa espansione nei Balcani la Hypo Alpe Adria, la banca della Carainza, ha già ricevuto liquidità per 4,8 miliardi di euro di aiuti pubblici. Così tra le opzioni sul tappeto c’è anche l’ipotesi di creare una bad bank dove collocare i crediti in sofferenza in aumento a causa dell’aggravarsi delle situazione economica.
Questo veicolo – secondo quanto rilasciato in un’intervista alla ORF, la tv di stato austriaca da Nowotny – dovrebbe prendere in carico i 17,8 miliardi di euro di assets della Hypo metterli in carico dello stato secondo un prezzo da stabilire e far aumentare il debito pubblico di sei punti percentuali arrivando all’80% del Pil. Niente di drammatico per gli standard italiani, ma per quelli austriaci sarebbe un brutto colpo da digerire.
A fine marzo il premier Werner Faymann, a capo di un governo di coalizione tra socialdemocratici e popolari, dovrebbe rendere nota la decisione finale di Vienna in materia. Una decisione che non mancherà di influenzare il dibattito in corso sull’unione bancaria europea in corso a Bruxelles. Basti ricordare che secondo il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem in un’intervista rilasciata al summit del 13 febbraio scorso alla Reuters nel corso dell’ecofina Bruxelles ha detto: «Le banche che falliranno in misura significativa gli esercizi della Bce di quest’anno dovranno essere chiuse». Non specificando però chi dovesse pagare il conto della bancarotta.