L’Iraq, il secondo mercato dell’export turco, minaccia di far esplodere il deficit delle partite correnti di Ankara

Quali saranno le conseguenze della crisi irachena sull’economia turca? Sono molti a cominciare a preoccuparsi e tra queste le numerose società turche che vendono in Iraq, il loro secondo mercato estero dopo la Germania. Molte di queste imprese stanno vedendo letteralmente prosciugare i loro affari, mentre la flotta dei camion non sono in grado  di raggiungere vaste zone del paese confinante, che viene inghiottito nella lotta settaria in corso.
“Le spedizioni di merci verso il centro e il sud dell’Iraq sono ferme,” ha detto Nevaf Kilic, capo dell’associazione degli Industriali di Turchia e Iraq alla Bloomberg,  in un’intervista telefonica dalla città turca di Mersin. “Il business con il nord iracheno va avanti come al solito, ma le strade più a sud sono chiuse. I prodotti inviati in precedenza sono fermi, depositati presso le strutture di stoccaggio a Zaho e Dohuk”, ha precisato, riferendosi a due province nella regione del Kurdistan iracheno, praticamente uno stato nello stato a guida curda.
L’Iraq è stato l’anno scorso il secondo mercato di esportazione della Turchia dopo la Germania, secondo i dati ufficiali di statistica, pari al 7,9 per cento del totale.  Le imprese turche hanno esportato 12 miliardi dollari  di merci, che vanno dalle materie plastiche, ai macchinari, ai prodotti tessili e televisori.  Il florido commercio turco-iracheno è in grave pericolo dopo che i militanti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, o ISIL, hanno conquistato la città settentrionale di Mosul il 10 giugno scorso, e ora stanno rapidamente avanzando a sud verso Baghdad. Più di 100.000 combattenti peshmerga curdi hanno occupate le aree intorno alla città di Kirkuk, la città del petrolio, dimostrando che per ora i veri vincitori del conflitto sono loro ma i business turchi sono in difficoltà. L’esercito iracheno sta facendo dei contro-attacchi contro i militanti dell’Isil a nord di Baghdad, mentre gli Stati Uniti hanno spostato una portaerei nel Golfo Persico per eventuali attacchi aerei.
Almeno 31 camionisti turchi sono tra gli 80 cittadini turchi presi in ostaggio dall’Isil durante la sua offensiva iniziale. Ogni mese, prima del conflitto, entravano e uscivano dall’Iraq 70.000 camion turchi, molti dei quali passavano a Habur gate, la dogana tra Turchia e Kurdistan iracheno.
“Se le strade non si aprono subito, le imprese turche soffriranno – ha detto Kilic – Le aziende potrebbero iniziare a licenziare i lavoratori o anche chiudere se l’instabilità dovesse continuare”.
Kilic, 42 anni, è il presidente del Kilicsan Uluslararasi Tasimacilik, una società di logistica che si occupa soprattutto di trasportare materiale da costruzione in Iraq con oltre 100 camion. “L’Iraq costituisce la quasi totalità del nostro business”, ha affermato preoccupato.
Gli eventi in Iraq avranno “un forte impatto negativo sulle partite correnti della Turchia,” ha detto il ministro delle Finanze, Mehmet Simsek, come riportato dall’agenzia Anadolu. “Se questi sviluppi non saranno rapidamente presi sotto controllo, questo sarebbe un sviluppo negativo, uno shock esterno per noi “, ha detto in una conferenza a Istanbul. Simsek è un profondo conoscitore dei mercati  e un aprrezzato economista a livello internazionale.