Era l’8 ottobre 2006 e Umberto Eco era intervenuto all’inaugurazione dell’anno accademico 2006-2007 del Collegio di Milano’ Il campus di via San Vigilio nato per valorizzare il talento dei migliori studenti iscritti in una delle sette università milanesi. Il discorso venne tenuto all’aperto in una bella giornata calda e soleggiata di autunno ed il professor Eco, tenne una fantastica, divertente ed erudita lectio su “Internet e l’Enciclopedia virtuale”. Ho un ricordo vivido di quella giornata dove Eco riuscì a capovolgere le tesi dominante sul tema con ironia e profondità.
Il professore, a sorpresa, ci mise in guardia dall’uso di Internet perché c’era l’accesso a troppe informazioni inattendibili ed imprecise. Ovviamente Eco ammise di usare lui stesso Internet ma solo come traccia da verificare sui libri cartacei. Bisogna filtrare le informazioni provenienti da Internet. Nessuna citazione può essere presa solo da Internet, bisogna sempre formulare una bibliografia tradizionale. La posizione di Eco era contro corrente perché metteva in guardia da una accettazione passiva di uno strumento che fornendo troppi dati non permetteva alla fine nessuna reale selezione. Il professore avrebbe poi ripreso questa tesi il 10 giugno 2015 nel nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino, in occasione della consegna da parte del rettore Gianmaria Ajani della laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”. In quell’occasione a Torino il professore disse: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».
In questa posizione estrema c’è tutto Eco che ha un’intuizione (“attenti a Internet”) , la elabora nel tempo e infine dopo anni la riprende in maniera sempre più estrema e polemica, “apocalittica” avrebbe ironizzato lui stesso. Posizioni utili nella loro chiarezza perché Eco è sempre stato e rimasto in fondo un insegnante, un professore, un maestro. Come quando scrisse “Come si fa una tesi di laurea” nel 1977 e tutti si aspettavano un libro dissacrante e invece si trattava di un utile e tradizionale vademecum (io stesso lo utilizzai con profitto da studente universitario su suggerimento del mio professore) su come districarsi nell’arduo compito di compilare una tesi di laurea, compilare una bibliografia, schedare le ricerche, etc.
Ricordo che nel 2006 al Collegio di Milano Eco attaccò Internet anche perché non avrebbe mai potuto sostituire il rapporto diretto tra allievo e maestro (come avviene appunto tra Adso e Guglielmo da Baskerville, protagonista e detective del romanzo Il nome della rosa del 1980). L’apprendimento può avvenire solo in un contesto che prevede la presenza fisica del maestro e non nell’assenza, tipica di Internet. Ma ora che il maestro ci ha lasciato ci restano solo i ricordi e i suoi libri. O come avrebbe detto Eco tutto svanisce nel nulla (i grandi di un tempo, le città famose, le belle principesse), e alla fine ci restano soli puri nomi, come il nome della rosa. Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.