Non si spara sulla Croce Rossa ma questa regola della civiltà sembra non avere più senso in un Afghanistan sempre più devastato dopo decenni di guerre senza fine. Un paziente afghano in visita per ricevere un arto artificiale presso un ambulatorio della Croce Rossa ha sparato, usando un’arma che aveva nascosto nella sua sedia a rotelle, a una dipendente dell’organizzazione internazionale. La dipendente Lorena Enebral Pérez, di 38 anni, del Comitato internazionale della Croce Rossa (Icrc), uccisa, a colpi d’arma da fuoco lunedì in un centro ortopedico a Mazar-e-Sharif (Afghanistan settentrionale), è di nazionalità spagnola. Il portavoce della polizia della provincia di Balkh, Abdul Razaq Qadiri, ha reso noto che lo sparatore, che era in compagnia di un’altra persona, frequentava assiduamente da tempo (da ben 19 anni) il Centro medico della Icrc. Che un paziente conosciuto da anni (la prima volta venne all’ambulatorio all’età di 2 anni per il trattamento anti-polio) usi violenza proprio contro chi lo sta aiutando a riacquistare una normalità di vita fa restare esterrefatti.
In seguito anche la Croce Rossa ha confermato l’uccisione nel suo centro ortopedico di Mazar e Sharif di una fisioterapista spagnola. “Siamo scioccati e devastati”, si legge in una nota del Cicr. Secondo il portavoce della polizia, l’uomo che l’ha uccisa era nell’ambulatorio per la seconda visita per ricevere un arto artificiale ed aveva nascosto la pistola nella sedia a rotelle. E’ stato arrestato insieme ad un’altra persona che lo accompagnava.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr)r ha affermato che la signora Perez ha prestato le cure a uomini, donne e bambini con disabilità, tra cui chi aveva arti amputati. “Piena di energia e sempre sorridente, Lorena è stato il cuore del nostro ufficio a Mazar. Oggi i nostri cuori sono tristi”, ha detto Monica Zanarelli, capo del Cicr in Afghanistan. “Lorena è stata una fisioterapista qualificata che ha aiutato i pazienti, specialmente i bambini. Le violente fluttuazioni della vita sembrano particolarmente crudeli oggi”. Thomas Glass, Icapo della comunicazione del Cicr in Afghanistan ha detto:”Tutto quello che voleva fare era aiutare”.
La maggior parte dei programmi di assistenza nel nord dell’Afghanistan sono stati sospesi da febbraio dopo che sei dipendenti della Croce rossa furono uccisi in un agguato al loro convoglio nella provincia di Jowzjan.
L’ambasciatore statunitense in Afghanistan ha dichiarato lunedì che Washington non permetterà mai agli estremisti islamici di usare il paese come santuario, mentre le truppe americane e alleate comprese quelle italiane a Kabul commemoravano gli attacchi dell’11 settembre.
Il presidente Usa, Donald Trump, nel mese di agosto, ha deciso di aumentare di quasi 4.000 truppe addizionali in Afghanistan nell’ambito di una controffensiva diretta contro gli insorti talebani che hanno fatto progressi negli ultimi anni.
Un intervento condotto dagli Stati Uniti, in seguito agli attacchi dell’11 settembre, ha rovesciato il governo talebano nel 2001. Da allora più di 2.400 soldati americani e più di 1.000 alleati, tra cui anche militari italiani, sono morti in Afghanistan.
“Oggi ci ricordiamo come è iniziato questo conflitto, ma ricordiamo anche come questo deve finire, con l’Afghanistan che non sia più usato come area, santuario o base per coloro che sono disposti ad attaccare noi e i nostri alleati”, ha dichiarato l’ambasciatore Hugo Llorens a uno schieramento di soldati della sede della coalizione della NATO a Kabul.
Gli Stati Uniti annienteranno “completamente” i militanti dello Stato islamico nella regione, ha detto Llorens. I talebani hanno rivendicato lunedì la responsabilità di un bombardamento con auto bomba che ha ferito diverse truppe della NATO e civili afghani in una provincia a nord di Kabul.
Sul giudizio da dare su quanto accaduto in Afghanistan dall’intervento militare guidato dagli Usa ad oggi, molti esperti sono pessimisti e l’ultima notizia del paziente afgano che spara e uccide una dipendente occidentale della Croce Rossa non fa che aumentare i timori di una deriva sempre più violenta. Tra gli esperti pessimisti c’è Qazi Hassan Haqyar, analistapolitico, che ha osservato che effettivamente “durante i primi anni sono state riallacciate le relazioni diplomatiche con molti Paesi ed è cominciata ad arrivare assistenza dall’estero”. Ma, ha poi detto, i partner stranieri “hanno promesso aiuto all’Afghanistan per ottenere una pace durevole, sviluppo economico, lotta contro la droga e il terrorismo, ma la comunità internazionale non ha onorato tutto ciò e oggi la situazione è molto differente da quella prospettata”.