L’economia greca correrà al 2% quest’anno dopo una felice annata turistica sostenuta anche grazie ai problemi politici e di stabilità dei suoi vicini mediterranei. Prontamente il governo guidato da Alexis Tsipras dopo le innumerevoli misure di austerity imposte dai creditori internazionali si prepara a dare un maxi bonus alle famiglie più colpite dalla crisi. Grazie all’avanzo primario pari al 2,2% del Pil, ben oltre l’1,75% chiesto da Bce, Ue e Fmi ma che si alzerà secondo il terzo Memorandum a ben il 3,5% nel 20018 e negli anni successivi, Atene è riuscita ad accumulare un tesoretto di 1 miliardo di euro che distribuirà ai cittadini meno abbienti sotto forma di adeguamento per gli effetti dei tagli a pensioni (tredici riduzioni sulle prestazioni previdenziali operati dai vari esecutivi in sette anni) e aumento delle imposte e dei contributi previdenziali. Come? Non è ancora chiara la modalità legislativa e la platea interessata al bonus.
La proposta – che non mancherà di creare qualche perplessità a Bruxelles e Francoforte e in generale a Berlino dove stano decidendo chi sarà il sostituto di Wolfagan Schaeuble al ministero delle Finanze – è giunta direttamente dal portavoce del governo Dimitris Tzanakopoulos che ha annunciato come a fine mese saranno noti i dati quasi definitivi sulla situazione economica e finanziaria delle banche del paese appesantite da una montagna di NPL e a quel punto il governo radicale di Tspiras potrà tacitare le proteste dell’ala sinistra del partito e decidere se e come distribuire il dividendo. Molto probabilmente l’operazione bonus arriverà sotto Natale se la Troika non interverrà prima a bloccare l’operazione.
Intanto dopo l’incontro di Alexis Tspiras con il presidente americano Donald Trump a Washington, si respira aria più distesa tra Grecia e gli Stati Uniti, soprattutto dopo la definizione di “diavolo” che Tsipras aveva rivolto a Trump durante la campagna elettorale. Acqua passata ora siamo tutti più realisti e meno ideologici. La visita di Tsipras a Chigago e Washington ha posto ora basi nuove per un rafforzamento della cooperazione economica e di difesa tra Washington e Atene, vecchio alleato non sempre tenuto in grande considerazione dal Pentagono. Non solo. Trump ha indicato Atene “come il principale alleato della Nato”, uno dei pochi paesi che spende più del 2% del Pil per la difesa, un punto ricorrente e quasi ossessivo del presidente americano verso gli alleati europei. Il presidente americano nel corso del suo discorso nel Giardino delle rose a Washington ha parlato di un affare per l’ammodernamento del centinaio di caccia F16 greci da 2,4 miliardi di dollari, cifra che ha fatto irritare non poco il partito di opposizione in Grecia Nea Dimokratia che si è addirittura rivolto alla Commissione europea per chiedere se questa spesa della difesa fosse concordata con i creditori e se non mettesse a rischio il percorso per il difficile risanamento dei conti pubblici. Bruxelles finora ha tenuto la bocca chiusa sul dossier ma certamente rimugina amaro.
“Stiamo negoziando per raggiungere un accordo positivo, per un costo limitato a circa 1,1 miliardi di euro in dieci anni”, ha precisato sempre il portavoce del governo Dimitris Tzanakopoulos a Atene, osservando che tale spesa era parte della Il 2% del bilancio che la Grecia ha speso per la difesa. Insomma tutto sotto controllo. Anche il ministro della Difesa greco, il nazionalista Panos Kammenos, ha gettato acqua sul fuoco confermando una cifra di “solo” 1,1 miliardi di euro.
Tra i temi al centro dell’incontro diplomatico tra Tsipras e Trump ci sono stati anche gli investimenti nelle risorse petrolifere e le importanti basi militari nell’Egeo. Tenuto conto che negli ultimi mesi si è molto raffreddato il rapporto diplomatico tra gli Usa e la Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan, con la crisi dei visti e la costante richiesta di estradizione del predicatore Fetullah Gulen considerato l’ispiratore del falllito golpe del 15 luglio 2016, la posizione strategica della Grecia è assurta a particolare interesse per gli Stati Uniti e il Pentagono.
Atene è per Washington anche un possibile futuro cliente per l’export statunitense di gas naturale liquefatto di cui gli Usa sono ricchi ed esportatori dopo la diffusione della tecnica un tempo costosa dello shale gas, un fattore su cui punta con forza l’amministrazione Trump per rilanciare gli Usa nel campo energetico mondiale e contrastare il predominio russo di Vladimir Putin in Europa. Atene a sua volta ha anche ricordato l’urgenza su un aumento degli investimenti americani in Grecia sul settore energetico. Atene stima di avere riserve energetiche nascoste sui 1000 milioni di barili, un tesoro che però attende di essere scoperto e verificato. Prima dell’estate Atene ha dato il disco verde alle domande di un consorzio formato dalla francese Total, dall’americana Exxonmobil e dalla locale Hellenic petroleum per la ricerche al largo di Creta. Il governo greco è ottimista su queste ricerche e spera di poter raddrizzare i conti in rosso della bolletta energetica se dovesse essere scoperto qualche rilevante giacimento petrolifero nella acque territoriali di Atene. Allora sì sarebbe la svolta e la Grecia potrebbe pagare il suo debito pari al 130% del Pil con surplus primari al 3,5% del Pil con gli introiti petroliferi. Che sia il petrolio la salvezza di Atene?