Il voto in Alabama dimostra che i pesi e contrappesi democratici (Senato) negli Usa funzionano

Colpo di scena nel voto in Alabama che però segnala come il sistema elettorale e di rappresentanza ideato dai padri fondatori con due camere parlamentari  funziona a tutela dei diritti delle minoranze. Insomma la democrazia liberale non è solo un voto nell’urna ma un sistema a tutela dei diritti di tutti i cittadini. Il democratico Doug Jones vince una corsa all’ultimo voto in Alabama strappando ai repubblicani un prezioso seggio in Senato e sconfiggendo il favorito Roy Moore. Ed è una sconfitta pesante – riporta l’Ansa – anche per il presidente Donald Trump che aveva appoggiato Moore nonostante le controversie sulle accuse di molestie sessuali. Quindi avere due camere è un sistema di bilanciamento democratico che funziona  e questo dovrebbe far riflettere chi pensava in Italia di semplificare il sistema liberale rappresentativo che finora si è dimostrato il migliore esistente sul pianeta. Certo i senatori sono 100 negli Usa e anche in Italia si potrebbe sforbiciare portandoli dagli attuali 315 addirittura a 50, Ma intanto resta il fatto che il sistema dei checks and balances nella vecchia America (la Costituzione risale al 1787) funziona.
Ma torniamo al fatto in sè. Oltre ad essere un duro colpo per il partito republicano che vedrà la sua già limitata maggioranza in Senato – di 52 seggi su 100 – ulteriormente ridotta. Il risultato in Alabama, considerata una roccaforte,  è poi un segnale particolarmente significativo in vista delle elezioni di Midterm nel 2018 per il rinnovo del Congresso, di cui la consultazione nello Stato ‘ruby red’ (‘rosso rubino’ per la sua tradizionalmente netta connotazione repubblicana) è stata considerata un test. Un test che ha mandato su tutte le furie Trump che dopo la riforma fiscale e la decisione di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme pensava di avere la strada spianata per il prossim voto.
A poco è valso allora il ‘talismano’ Sassy, questo il nome del cavallo di Roy Moore in sella al quale l’ex giudice conservatore si e’ scaramanticamente recato a votare al seggio le scorse ore: ha perso per una manciata di voti, ma ha perso. Insomma il giudice andò a cavallo al seggio ma tornò a piedi. Sebbene il giudice conservatore comparendo fra i suoi sostenitori a Montgomery non è disposto a concedere la vittoria e prende tempo, per finalizzare il conteggio dei voti. Tutto è possibile in fatto di riconteggi gli Usa hanno una pessima reputazione visti i precedenti nella votazione presidenziale  di George W. Bush junior e la conta dei voti in Florida.
Intanto, con il 99% dei voti scrutinati Jones ha ottenuto il 49,5% dei consensi (640.520 voti) contro il 48,8% di Moore
(631.576 voti). Eppure sembrava un’impresa impossibile per il fronte democratico. Adesso ci si chiede se e quanto il voto
afroamericano abbia influito in questo Stato del sud, lo Stato della marcia di Selma, voto a cui ha fatto appello nelle scorse
ore anche l’ex presidente Barack Obama in persona esortando tutti a recarsi alle urne: “Questa e’ una cosa seria”, aveva
avvertito in un messaggio registrato e diffuso via telefono dimostrando che il vero leader dell’opposizione è ancora lui.
Dal palco della vittoria Doug Jones esalta lo spirito dell'”Alabama: “Il popolo dell’Alabama ha più in comune di cio’ che lo divide. Abbiamo mostrato non solo all’Alabama ma al Paese che possiamo essere uniti”, e cita Martin Luther King Jr:
“L’arco dell’universo morale e’ lungo, ma tende verso la giustizia”. Mentre dalla Casa Bianca Donald Trump twitta
all’insegna del fair play, congratulandosi con Jones, “I repubblicani avranno un’altra chance per questo seggio molto
presto. Non finisce mai!”, scrive. Questo e’ pero’ per lui un terremoto, e alla Casa Bianca – e nella West Wing – l’aria deve
essere davvero pesante in queste ore. Perché il presidente Trump ha ‘scommesso’ e ha sbagliato. Gli era stato anche
consigliato di rimanerne fuori, ma ha voluto ascoltare Steve Bannon e si è buttato nella mishia. Moore non era stata la ‘prima scelta’ del partito, e anche del presidente che alle primarie repubblicane aveva sostenuto candidato Luther Strange più
gradito all’establishment Gop.

L’ex giudice conservatore Moore era invece più rappresentativo di quella fetta di partito che più si ispira ai valori di Steve Bannon, l’ex stratega di Donald Trump e direttore del sito Breitbart  che infatti ha fatto campagna sul campo fino all’ultimo minuto mobilitando i seguaci dell’Alternative right o Altrigh. E poi sono spuntate le accuse di molestie sessuali, con le rivelazioni del Washington Post secondo cui Moore aveva assalito sessualmente quattro donne all’epoca minorenni mentre lui era un noto avvocato ultratrentenne. Trump a quel punto ha taciuto a lungo  poi si è deciso e ha abbracciato la causa do Moore.