La Socialdemocrazia tedesca si scuote e propone una minimum tax societaria globale per tassare i giganti del web

Con l’avvicinassi del voto europeo di maggio si affilano le armi per combattere le maggiori distorsioni generate dalla globalizzazione selvaggia. Se ne è parlato, fra l’altro, a Milano alla Fonderia Napoleonica in una intensa due giorni venerdì e sabato scorsi voluta dall’esponente della corrente del Pd, Sinistra Dem, Gianni Cuperlo, dal titolo, ‘Europa, Sinistra, Riscatto’.  L’Europa e il suo progetto entra così nella vita  politica dei maggiori paesi europei in una dimensione nuova e senza retorica sotto l’assalto dei nuovi sovranismi.  “Sono 30 anni che diamo la sensazione di essere conservatori, sul welfare, su tutto,  adesso è il momento di diventare una forza radicale che difende la democrazia progressiva e rappresentativa”. Lo ha sottolineato il filosofo Massimo Cacciari sempre nel suo intervento all’iniziativa ‘Europa. Sinistra. Riscatto’. E il luogo “dove si realizza questa democrazia non può che essere l’Europa – ha concluso -. Se non faremo così, saremo sconfitti, e giustamente anche”.  Cacciari ha puntato su un’Europa federale e solidale. Ma come? “I piccoli Stati europei che oggi si fanno la guerra dei poveri per attirare gli investimenti esteri  riducendo lo stato sociale devono scegliere la dimensione europea” solo così  si potrà raggiungere una dimensione solidale. Magari in materie fiscale e di welfare. Occorre dnque un minimo comune denominatore europeo in materie oggi lasciate al potere nazionale e ai suoi veti. E come se ci fosse un sentire comune nei partiti socialisti da Berlino è giunta la proposta  del ministro delle finanze tedesco, il socialdemocratico Olaf Scholz, dopo la batosta elettorale subita dal suo partito in Baviera.

Scholz ha proposto un’aliquota minima globale dell’imposta sulle società unita a misure più severe per impedire agli evasori fiscali di mettere da parte i loro profitti nei paradisi fiscali. Lo ha riportato il quotidiano tedesco Welt am Sonntag.
In un editoriale pubblicato nell’edizione domenicale, Scholz ha presentato proposte che stava prendendo in considerazione insieme alla Francia per rendere più difficile alle imprese internazionali evadere le tasse.
Entrambi i paesi europei stanno cercando dei modi per garantire che le imprese come i giganti del web, Amazon, Apple e Google paghino le tasse nazionali in proporzione ai profitti che guadagnano nei maggiori mercati europei, sebbene i tentativi di armonizzare le aliquote fiscali in tutta l’Unione europea abbiano finora incontrato una forte resistenza da parte di paesi membri con tasse inferiori come ad esempio l’Irlanda, paese salvato con soldi europei ma che ha ottenuto di poter mantenere la propria bassa fiscalità societaria da paradiso fiscale. Un mistero che nessuno ha saputo spiegare a Bruxelles.
“Abbiamo bisogno di un livello minimo di tassazione a livello mondiale così che nessuno Stato possa scendere al di sotto”, ha spiegato Scholz nell’articolo, aggiungendo che tutte queste regole dovrebbero essere accompagnate da misure per rendere più difficile trasferire denaro in paradisi fiscali. Possibile?
Scholz ha detto che l’economia di internet “stava esacerbando un problema portato dalla globalizzazione e che stiamo cercando di affrontare: il collocamento di profitti in località a bassa tassazione”.
Il piano Scholz è una specie di BEPS 2.0, dall’acronimo inglese “base erosion and profit shifting,” , erosione delle base imponibile e delocalizzazione dei profitti. Il contro piano, deciso congiuntamente con la Francia, propone una tassa societaria minima che potrebbe diventare uno standard per l’implementazione internazionale. Quando una consociata straniera paga una bassa aliquota fiscale, le autorità fiscali tedesche, ad esempio, possono riscuotere la differenza rispetto alla minimun tax globale.
La proposta, che riguarderà tutte le imprese, è stata accolta favorevolmente dall’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. La Germania, il più grande mercato di consumatori in Europa, è un terreno particolarmente fertile per i giganti di Internet statunitensi, molti dei quali hanno utilizzato sofisticate strutture offshore per ridurre al minimo la loro esposizione fiscale a quella che rimane un’economia ad alta tassazione.