Atene è uscita dal terzo piano di aiuti il 20 agosto scorso, ma cosa è cambiato rispetto agli otto anni di austerità precedenti? Non certo il controllo della Troika, visto che la riunione dell’Eurogruppo del giugno 2018, che ha allungato i termini del debito, ha anche pubblicato un lungo elenco di riforme prioritarie da rispettare “nell’ambito del programma Esm”. Se Atene non dovesse rispettare gli impegni si tornerebbe alla casella di partenza senza benefici sul debito né aiuti concessi.
L’uscita dal terzo piano di aiuti della Grecia non ha suscitato entusiasmi in Grecia, visto che pochi greci credono che le loro vite o le prospettive del paese miglioreranno.
In otto anni la Grecia ha beneficiato di 273,7 miliardi di euro di assistenza, tra cui 241,6 miliardi erogati dagli stati membri dell’area dell’euro. Cioè 27 milioni di euro per ciascun cittadino greco, neonati compresi: una cifra enorme di cui nemmeno un euro però è rimasto nelle casse di Atene. Una somma servita sempre a pagare le rate in scadenza ai creditori mentre il debito pubblico ellenico viaggia ancora al 170% del Pil e l’economia nazionale nel frattempo si è ridotta del 26%.
Il monito del governatore Stournaras
I problemi per gran parte della popolazione restano gravi – disoccupazione, riduzione drastica di salari e pensioni, abolizione della contrattazione collettiva, difficoltà per il settore della sanità, fuga all’estero di quasi mezzo milione di greci, il 5% della popolazione, per lo più composto da giovani e ben istruiti – e nelle parole del governatore della Banca Centrale di Grecia, Yannis Stournaras, resta “molta strada da fare” per risanare l’economia che ha subito l’onda d’urto di 450 riforme approvate, molte però ancora da applicare come la riforma dell’apparato pubblico e il contrasto dell’evasione fiscale.
Atene dal 20 agosto cammina sulle proprie gambe ma il governatore, che parla di effetti positivi delle misure draconiane imposte dai tre memorandum per il salvataggio, in particolare sulle liberalizzazioni e il costo del lavoro, avverte: “Non si deve tornare indietro” sugli impegni presi con i creditori nel corso dei tre ‘bailout’. Altrimenti i mercati – sui quali Atene dovrà ora contare per vendere i suoi bond e rifinanziare il debito – “abbandoneranno” la Grecia. E questo, spiega, è particolarmente pericoloso perché “se c’è una forte turbolenza internazionale, sia in Italia, sia in Turchia, o nell’economia globale, noi affronteremo difficoltà a rivolgerci ai mercati, dato che il coefficiente di sensibilità dei titoli di Stato greci resta alto”.
Il “ritorno alla normalità” della Grecia, secondo la narrativa del governo Tsipras, è stata comunque raggiunta. La sfida però non è finita e passa da una serie di appuntamenti che non tollerano errori. Insomma nessun dorma sotto il Partenone (minacciato secondo voci sindacali del sindacato dei dipedenti pubblici poi smentite dal ministero delle Finanze Euklid Tzakalotos di privatizzazione) se non si vuole tornare alla casella di partenza.
Ancora austerità
La cura a base di nuove misure di austerità continuerà. La Grecia ha accettato di ridurre le pensioni ulteriormente dal 1 ° gennaio 2019 e la soglia esentasse dal 1° gennaio 2020 e di presentare avanzi primari pari al 3,5% del Pil fino al 2022 e quindi al 2,2% del Pil fino al 2060. Secondo il Fmi traguardi troppo ambiziosi per un paese che non ha rendite petrolifere. Il governo sta cercando di fermare gli impopolari tagli pensionistici (la quattordicesima sforbiciata dal 2010) , ma non è affatto sicuro che ciò sarebbe considerato favorevolmente dai mercati. Insomma Tsipras si muove tra Scilla e Cariddi, tra la stanchezza della popolazione e il nervosismo dei mercati.
Convincere i mercati non sarà facile. Il governo ha dovuto rinviare i piani per l’emissione di due nuovi prestiti obbligazionari prima della fine del Memorandum. La crisi turca e le turbolenze italiane hanno confermato che la Grecia è ancora molto vulnerabile agli shock esterni.
La sorveglianza
La Grecia resterà sotto sorveglianza da parte dei creditori internazionali e qualsiasi deragliamento fiscale comporterà la sospensione delle misure di alleggerimento del debito, oltre a inviare un segnale pericoloso ai mercati.
I risultati economici ci sono: dopo anni di recessione e poi stasi, nel 2017 la Grecia ha registrato una crescita positiva dell’1,5%. E le previsioni Ue sono incoraggianti: 1,9% nel 2018, 2,3% nel 2019.
Lo stesso vale per le finanze pubbliche. Nel 2009, dovrebbe essere ricordato dal punto di partenza, la Grecia aveva il deficit di bilancio più alto in Europa -15,1%, ora registra un avanzo di bilancio dello 0,8% (cioè un avanzo primario di 4,2 % nel 2017). Bene anche la riduzione del disavanzo delle partite correnti dal 15% del PIL nel 2008 allo 0,8% nel 2017. Una trasformazione senza precedenti. Quindi la Grecia ha fatto molta strada. Sono stati risolti tutti i problemi del paese? Ovviamente no.
Atene ha perso l’appuntamento con la ripresa europea e il Qe della Bce, e ora si trova di fronte a un contesto internazionale instabile e ad aumenti dei tassi di interesse.
Le banche greche continuano a lavorare sotto un enorme montagna di sofferenze che si attestano al 42% dei prestiti totali. Questo onere le rende incapaci di finanziare la crescita. La Bers,la Banca europea per lo sviluppo e la ricostruzione, ha dato il suo contributo allo sviluppo ma non basta.
Favorire la crescita
A bruciare sulla pelle è l’iniquo meccanismo della svalutazione interna, cioè dei salari e pensioni: il raggiungimento dell’equilibrio fiscale si è basato in gran parte su un carico eccessivo sui pensionati e dipendenti che ha indebolito le prospettive di crescita e sfilacciato la coesione sociale.
Ora tutti concordano che, ristabilita la solidità dei conti, si deve favorire la crescita. Come? Gli economisti sollecitano incentivi fiscali soprattutto per quanto riguarda gli investimenti stranieri diretti. Ma gli investitori ricordano ancora la falsa partenza della privatizzazione di Elliniko il vecchio aeroporto di Atene e della miniera d’oro di Skouries. Come se non bastasse le voci di elezioni anticipate minacciano un ritorno a una campagna elettorale dove potrebbero tornare la tentazione di ricorrere a cattive abitudini clientelari del passato. Fantasmi che si pensava cacciati per sempre da Atene.