Quando l’aereo di linea si avvicina alla pista di atterraggio dell’aeroporto di Nicosia si possono leggere chiaramente dall’oblò del velivolo le scritte nazionaliste formate dagli alberi sulla montagna all’orizzonte dell’auto proclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord (TRNC), e non è esattamente un segnale di benvenuto nell’ultima capitale europea divisa da un muro. Domenica 11 ottobre la repubblica “fantasma” è andata al voto per eleggere al primo turno il suo presidente, divisa tra chi vuole riunificare l’isola e chi la vuole tenere sotto l’ombra nazionalista della Turchia neo ottomana e farne una provincia. Ha vinto il primo round con il 30% dei voti il candidato sostenuto da Ankara, il nazionalista Ersin Tatar, 60 anni, attualmente “Primo ministro” del governo a cui appartiene gran parte del potere esecutivo nella TRNC. Secondo con 27% è arrivato Mustafa Akinci, socialdemocratico di 72 anni, presidente uscente favorevole alla riunificazione dell’isola e all’allentamento dei legami con Ankara, posizione che gli è valsa l’ostilità del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Al ballottaggio Akinci è favorito perché potrebbe raccogliere molti voti dispersi al primo turno tra gli altri nove candidati. Il risultato elettorale, è importante perché potrebbe far riprendere i colloqui di pace e riunificazione dell’isola se il candidato socialdemocratico e autonomista rispetto alle ingerenze turche risultasse vincitore con grande smacco per Erdogan che invece vuole sostenere la divisione dell’isola e mantenere il protettorato turco sulla parte settentrionale. Un secondo turno si svolgerà il 18 ottobre ma Akinci potrebbe tranquillamente vincere secondo gli analisti. Questa elezione “presidenziale” si svolge sullo sfondo delle tensioni nel Mediterraneo orientale intorno allo sfruttamento degli idrocarburi tra Ankara e Atene, principale alleata della Repubblica di Cipro che esercita la sua autorità sui due terzi meridionali dell’isola ed è membro dell’Unione Europea.
Una repubblica riconosciuta solo da Ankara
La TRNC è l’ultimo muro etnico e religioso d’Europa, un territorio non riconosciuto dalla comunità internazionale, ad eccezione della Turchia di Recep Tayyip Erdogan.
Le tensioni tra le comunità greca e turca si formarono negli anni ’50 su un’isola allora colonia britannica e per questo ancora oggi con una buona diffusione dell’inglese tra la sua popolazione. La comunità greco-cipriota lottava per l'”Enosis” – o unione con la Grecia “madrepatria” – mentre la seconda chiedeva una divisione dell’isola. L’indipendenza da Londra dell’isola del Mediterraneo nel 1960 non pose fine ai dissensi e nel 1964 fu creata una forza di pace delle Nazioni Unite, dopo gli scontri tra le comunità. Nell’estate del 1974, con il disco verde di Washington, le truppe turche composte da 40mila soldati invasero il nord dell’isola, in reazione a un colpo di stato nazionalista che mirava a unire il paese alla Grecia. L’invasione turca dell’isola accelerò la fine della dittatura dei colonnelli in Grecia avvenuta il 24 luglio 1974 con il rientro in patria dell’ex premier Kostantinos Karamanlis che fonda Nea Dimokratia e vince le elezioni del novembre 1974 che sanciscono il ritorno alla democrazia parlamentare.
Il conflitto che seguì all’intervento turco nella parte settentrionale dell’isola di Cipro causò centinaia di morti e notevoli spostamenti della popolazione da una zona all’altra dell’isola.
Una “linea verde”, una zona cuscinetto monitorata da una missione delle Nazioni Unite, divide l’isola per circa 180 chilometri di lunghezza, attraversando Nicosia, l’unica capitale europea ancora attualmente tagliata in due. Per passare da una zona all’altra della capitale bisogna passare un checkpoint militare con un visto speciale temporaneo.
Nell’aprile 2004 è stato sottoposto a referendum un piano delle Nazioni Unite per riunificare il paese. Approvato dal Nord, l’accordo venne respinto dai greco-ciprioti del Sud.
A maggio 2004 la Repubblica di Cipro venne ammessa nell’Unione europea insieme ad altri nove paesi. Nel corso degli anni, colloqui sulla riunificazione sponsorizzati dalle Nazioni Unite sono falliti. Le ultime trattative del 2017 si sono arenate sul nodo del ritiro dei 30mila soldati turchi presenti sull’isola. Ulteriori antagonismi sono sorti tra greco-ciprioti e turchi sui diritti di sfruttamento dei potenziali giacimenti di gas al largo dell’isola dove sono presenti l’italiana Eni, la francese Total e l’americana ExxonMobil. Il 23 febbraio 2018 la nave Saipem 12000, la nave noleggiata dall’Eni e bloccata per due settimane al largo della costa sudorientale di Cipro dalla marina militare turca, rinuncia alle attività di ricerca e si dirige verso il porto di Limassol. Nonostante gli avvertimenti degli Stati Uniti e dell’Ue, Ankara, membro Nato come la Grecia, ha inviato navi per le prospezioni al largo di Cipro e ha installato un primo drone armato a Cipro del Nord. Ankara sembra aver imboccato la via neo-ottomana del confronto con i suoi vicini.