Questa settimana è cruciale per la crisi europea dei debiti sovrani. Atene deve convincere che è pronta nel dettaglio a fare i tagli supplementari da 13,6 miliardi di euro per il biennio 2013-14 mentre la Spagna del premier Mariano Rajoy dopo aver ricevuto il via libera a 100 miliardi di euro di prestiti per salvare le banche spagnole ora bussa alla porta per avere la garanzia che vengano acquistati bond dall'EFSF, il fondo salva-stati già in funzione. Ma Berlino e la Bundesbank chiedono che venga firmato un nuovo Memorandum of Understanding che cede quel poco che rimane della discrezionalità di politica economica ancora in mano a Madrid. Un passo importante e doloroso per Rajoy (sulle orme dei premier greco, portoghese, irlandese), una cessione di potere dopo soli nove mesi al potere che potrebbe essere il pegno da pagare prima che giovedì la Bce decida qualcosa per aiutare ad abbassare gli spread senza l'opposizione della Bundesbank che non vuole nuovi acquisti di bond sovrani. Anche per il premier greco Antonis Samaras è un momento duro: dovrà tagliare pensioni e dipendenti pubblici, l'esatto contrario di quello che ha promesso durante la campagna elettorale di giugno. La verità è che ormai i governi europei sono dei governatori periferici e stanno più o meno lentamente perdendo sovranità a favore di Bruxelles: si sarebbe dovuto procedere in modo coordinato e unitario, sarà fatto in modo scoordinato e sull'onda dell'emergenza. Il risultato, cambiando l'ordine di fattori, non cambia: cessione di sovranità dalla periferia al centro. Nel frattempo si dovrà trovare un modo democratico per garantire il principio del motto: no taxation without representation. Cioè che si formi un mini parlamento a Bruxelles che controlli l'operato degli ispettori e funzionari europei e la politica fiscale europea comune.
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