Il tetto al bonus di banchieri e top manager sta spaccando l'Europa. Le banche britanniche sono pronte a trascinare in giudizio l'Ue sul tetto ai bonus dei banchieri. Lo riporta il sito della tv Usa Cnbc che cita il Financial Times. http://www.cnbc.com/id/100521000. Fin qui niente di strano: che la City si opponga ai tetti sui bonus per timore di perdere competitività rispetto ai mercati americani (la Dodd-Frank non è particolarmente severa in materia) o asiatici deregolamentati non deve stupire affatto. Anzi. Resta il fatto che questa libertà di elargire compensi senza limiti con il solo via libera del Cda risulta sempre più impolare tra l'opinione pubblica del Vecchio Continente soprattutto dopo i salvataggi con i soldi dei contribuenti per i rischi eccessivi presi dai banchieri (vedi da ultimo le polemiche sui bonus concessi a RBS, banca salvata dal governo di Londra). Alcuni commentatori propongono in alternativa al tetto di limitare la possibilità di prendere rischi eccessivi da parte dei banchieri piuttosto che vincolare i bonus legati ai risultati.
Il Referendum in Svizzera. La svolta, a sorpresa, sul tema dei salari troppo elevati dei manager di multinazionali e banche è arrivata dalla Confederazione elvetica, dove un referendum popolare tenuto domenica che ha modificato addirittura la Costituzione per porre un freno (non c'è un tetto prestabilito ma una serie di limitazioni societarie alla sua delibera) ai super salari e superbonus di top manager. Ora, accusare gli svizzeri di populismo è operazione molto ardua, visto che la Confederazione è la sede di grandi banche come UBS e Crédit Suisse e nella classifica 2005 delle 100 principali imprese europee in base al fatturato si trovano sei aziende elvetiche: Glencore, Nestlé, Novartis, Roche, ABB e Adecco. Se i pacifici e riflessivi svizzeri hanno votato per un cambio di politica in materia salariale (senza porre tetti diretti ai bonus) vuol dire che ci sono stati degli eccessi in passato che hanno rsso particolarmente impopolari le pratiche.
Il promotore del referendum elevetico è un piccolo imprenditore di Sciaffusa, il caparbio Thomas Minder, novello Guglielmo Tell dei Cda, che all'inizio ha condotto da solo la sua battaglia fino alla sorprendente vittoria di domenica.
Non si può nemmeno dire che Berna sia sotto pressione per la crisi o di movimenti politici di protesta come i grillini in Italia o gli indignados spagnoli. La Svizzera sta superando la crisi meglio di molti altri Paesi vicini. Perché dunque è nata propro qui un'iniziativa del genere? Bisogna ricordare vicende passate che però sono rimaste scolpite nell'immaginario collettivo elvetico come quelle del fallimento di Swissair negli anni 2000 e della crisi della maggior banca elvetica, Ubs, nel 2008 subito dopo il crollo di Lehman Brother. Due casi simbolo: la nuova Swiss prese il volo, Ubs fu rilanciata ed uscì dalla crisi, due turnaround che richiesero però l'intervento delle casse pubbliche. Casi che scatenaro forti polemiche proprio per le maxi retribuzioni dei manager di Swiss e Ubs. Nel mirino finirono l'ex a.d. di Swissair Mario Corti e l'ex numero uno di Ubs Marcel Ospel. Come se non bastasse alla vigilia del referendum è venuto alla luce il caso di Daniel Vasella, presidente dimissionario di Novartis, che si è accordato per un compenso di 72 milioni di franchi per sei anni, 60 milioni di euro), in cambio di consulenze e patto di non concorrenza. Di fronte alle polemiche scatenate dal caso, Vasella e Novartis, hanno fatto prudentemente marcia indietro annusando che il vento stava cambiando.
Evidentemente in un momento di crisi economica queste pratiche di incentivazione salariale in base ai risulttai ottenuti sono diventate molto impopolari.
OLANDA ancora più dura. Un caso isolato quella della Svizzera? Non proprio, anche nella pragmatica e commerciale Olanda il vento sta cambiando e non solo rispetto al rigore sui conti di bialncio. «Ritengo che il settore bancario debba avere una forte relazione con l'economia reale e con le persone reali«. Così il ministro delle Finanze olandese e presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il sostituto del lussemburghese Jean-Claude Juncker, arrivando al Consiglio europeo lunedì 4 marzo per partecipare alla riunione dell'Ecofin. I ministri dei diciasette lunedì hanno discusso, tra le altre cose, di requisiti di capitale per le banche (Crd4). Il compromesso raggiunto la scorsa settimana dal gruppo composto da Commissione europea-Parlamento europeoe Consiglio Ue, ha fissato un tetto ai bonus dei manager pari alla soglia massima degli stipendi, in un rapporto di 1 a 1. «Noi nei Paesi Bassi abbiamo approvato un provvedimento che va oltre il compromesso raggiunto, per ridurre i bonus al 20% massimo degli stipendi«, ha sottolineato Dijsselbloem che dopo la nazionalizzazione del SNS Reaal NV lo scorso mese ha avuto forti pressioni popolari per tagliare i bonus delle banche salvate con soldi pubblici. «A noi il compromesso del 100% va bene, non so a George Osborne«, ha aggiunto riferendosi al ministro delle Finanze britannico. Il rischio sullo sfondo è una Europa "a la carte" su un tema così importante per l'economia e il suo rilancio, con Paesi che fanno balzi in avanti e altri che rifiutano qualsiasi compromesso.