Nonostante le elezioni anticipate in arrivo Fitch punta sulla Bulgaria e ritiene che l’instabilità politica non farà venire meno i fondamentali di rigore dell’economia del paese balcanico a un passo da Turchia e Grecia.
Secondo l’agenzia internazionale di rating, mai tenera con l'Europa, non ci dovrebbero essere sorprese anche dopo le elezioni anticipate previste in maggio e il paese europeo continuerà a crescere e mantenere i conti in ordine con un debito al 19% del Pil e una crescita del 2%.
Infatti nonostante le proteste di piazza che l'hanno costretto alle dimissioni da premier, Boiko Borisov e il suo partito Gerb sono ancora favoriti per la vittoria nelle elezioni politiche anticipate che si terranno a maggio. Lo si evince dai sondaggi pubblicati ieri.
Borisov, secondo i sondaggi di Mediana e Gallup, potrebbe ottenere tra il 19,7 e il 21,3 per cento dei voti, rispetto al 18,6-20,4 per cento del principale partito d’opposizione, quello socialista.
Entrambi i sondaggi sono stati realizzati a marzo, dopo le dimissioni di Borisov, formalizzate il 20 febbraio, mentre le piazze erano piene di dimostranti che protestavano contro le tariffe del gas, la corruzione e per le difficili condizioni sociali in cui si trova il paese. Insomma la tempesta è finita.
LE PROTESTE. Le sommosse erano scattate il 13 marzo scorso contro il carovita, l’aumento delle bollette elettriche e il carovita. A Sofia per un momento si è respirata aria di preinsurrezione. Poi tutto è rientrato.
Tutto in realtà è cominciato a metà febbraio, con le palle di neve lanciate contro il ministro dell'Economia Delyan Dobrev, che aveva tentato di discutere con un gruppetto di persone infuriate per il rincaro delle bollette energetiche.
In pochi giorni i manifestanti si sono moltiplicati e, in decine di migliaia, hanno circondato il palazzo del parlamento di Sofia chiedendo a gran voce la testa del primo ministro, il conservatore Boyko Borisov.
Ma nemmeno dopo averle ottenute, il 20 febbraio, i manifestanti si sono calmati. Perché la Cenerentola dell'Unione europea, adagiata sul lato orientale dei Balcani, al confine con la Grecia e ad appena 500 chilometri in linea d'aria dall'Italia, ribolliva.
L’ultima escalation di violenza è avvenuta nella notte del 26 febbraio, a Plovdiv, dove sconosciuti hanno dato fuoco alla sede regionale del fornitore elettrico austriaco Evn, domato solo alle prime luci dell'alba.
I SALARI PIÙ BASSI D’EUROPA. Ma le bollette della luce erano solo il pretesto, la punta di un iceberg che ha gonfiato negli ultimi mesi prima il disincanto verso la Ue e poi la rabbia verso i politici.
Un pretesto tuttavia più che comprensibile, se si pensa che dall'inizio del 2013 il costo per l'elettricità è raddoppiato. E lo stesso fanalino di coda riguarda la media dei salari, ferma a 300 euro mensili: buona parte del reddito di un bulgaro se ne va per pagare luce e riscaldamento. Una situazione ionsostenebile. Così tutto è tormato come prima e le bollette rincarate annullate.
PROTESTA CONTRO LA UE. Sul banco degli imputati sono finiti i tre grandi gruppi privati che detengono il monopolio del servizio di fornitura, i cechi Cez ed Energo-Pro e l'austriaco Evn, accusati di aver creato un cartello che ha manipolato i costi garantendo ampi margini di profitto. Insomma poca concorrenza e accuse di cartello. Un onta per la Ue che ha fatto della concorrenza proprio uno dei suoi cavalli di battaglia della crescita.
I manifestanti ne hanno chiesto la nazionalizzazione, sostenuti dall’opposizione socialista e dell'estrema destra, auspicando così la retromarcia su una delle riforme (la privatizzazione dei servizi energetici) introdotta nel 2004 per accedere all'Unione europea.
Poi dalla lotta contro l’austerity si è passati alla politica corrotta. Così la protesta si è gonfiata, trascinando tutti nella sua corrente e mettendo in conto a Borisov e al suo governo anche le politiche di austerità adottate per fronteggiare la crisi economica e di bilancio, la corruzione che pervade l’amministrazione pubblica, l’insicurezza alimentata dal proliferare della criminalità organizzata.
Dopo una notte di guerriglia urbana, con un bilancio di 14 feriti e 25 arresti, il 20 febbraio Borisov si è dimesso: «Restituiamo alla gente il potere che ci aveva dato, non voglio governare un Paese in cui la polizia deve picchiare i manifestanti».
Poi dopo lo sfogo di piazza la situazione è lentamente rientrata fino alla pubblicazione degli ultimi sondaggi favorevoli all’ex premier conservatore. Sullo sfondo restano la delusione per le speranze tradite con l’ingresso in Europa dopo appena venti anni. Un'Europa spesso matrigna e poco attenta a una diffcile transizione.