NICOSIA – Basta percorrere Makarios Avenue, la principale via dello shopping di Nicosia, la capitale cipriota, per rendersi conto di come la crisi bancaria scoppiata a marzo si sia trasformata in un tornado economico che sta spazzando l’isola per la seconda volta in pochi mesi. Il 70% dei negozi sono chiusi, vetrine spoglie e ovunque inutili cartelli di vendesi e affittasi che scoloriscono alla luce del sole perché il mercato immobiliare è fermo come indicano le gru inattive vicine ad edifici in costruzione, oggi abbandonati.
Il City Plaza Shopping Mall è quasi deserto: nessuno compra con la disoccupazione che è esplosa al 17% mentre quella giovanile è balzata al 33% e i pochi avventori dei bar sembrano rassegnati al secondo tusunami annunciato da un Pil in calo dell'8,7%.
In questo quadro poco rassicurante e con un salvataggio Ue-Fmi di 10 miliardi alle spalle è scoppiata la lotta tra il presidente di centro destra, Nicos Anastasiades e il governatore della Banca centrale cipriota, Panicos Demetriades, sulle responsabilità della crisi. Uno scontro senza esclusioni di colpi che ha visto la discesa in campo a difesa dell’autonomia di Demetriades del presidente della Bce, Mario Draghi, e che ieri si è arricchito di un nuovo capitolo. Il governatore avrebbe firmato una consulenza contabile per la ristrutturazione del sistema bancario cipriota con la società americana Alvarez and Marsal con una clausola, finora segreta, che prevedeva un compenso pari allo 0,10% in relazione alla dimensione delle nuove capitalizzazioni delle banche cipriote.
La società di consulenza americana ora chiede il pagamento per questa inusuale "recapitalisation fee" di 4,75 milioni di euro. Uno scandalo fa filtrare il presidente Anastasiades, mentre la Banca centrale non nega la clausola, ma ufficiosamente, accusa il Governo di orchestare la campagna stampa contro il governatore per costringerlo alle dimissioni. «Quello che sta avvenendo a Cipro è un evento senza precedenti nell’eurozona», dice un funzionario della Banca centrale cipriota in condizioni di anonimità.
La Banca centrale ritiene che la commissione, che dovrebbe essere pagata il 31 ottobre, prevedeva il versamento di un quota del compenso in percentuale alle ricapitalizzazioni ma che non si applichi nel caso di un bail-in, cioè dell’uso dei soldi dei correntisti come poi avvenuto. Il salvataggio, il primo di questo tipo nell’eurozona, è stato effettuato a marzo non con fondi di mercato, ma nel caso della Laiki con la messa in liquidazione della banca stessa e la perdita dei risparmi di un vita per migliaia di ciprioti e degli investimenti degli oligarchi russi e, nel caso della Bank of Cyprus, trasformando il 47,5% dei depositi superiori ai 100mila euro in azioni e congelando i fondi restanti. Quindi, dice l’ufficio legale della Banca centrale cipriota la società di consuelenza americana non ha nessun diritto di chiedere questa ulteriore maxi-parcella.
Sullo sfondo della querelle c’è l’autonomia della banca centrale di Cipro, difesa da Francoforte, e il tentativo di regolare i conti del nuovo presidente Anastasiades con Demetriades, nominato dall’ex presidente comunista, dopo la liquidazione della Laiki Bank ora passata nelle mani della Bank of Cyprus.
«Inoltre la Bank of Cyprus dovrebbe essere sottoposta agli stress test della Bce», ammette Constantinos Pittalis, responsabile delle relazioni con gli investirori della Bank of Cyprus. La Bank of Cyprus, il maggior istituto di credito di Cipro, ha chiuso il 2012 con un rosso record di 2,21 miliardi di euro, in crescita del 60% rispetto alle perdite accumulate l’anno precedente.
«Gli accantonamenti per far fronte alle sofferenze sono saliti del 441% a 2,30 miliardi di euro», spiega Phivos Stasopolos direttore del corporate banking dell’istituto.
L'"haircut" sui depositi a marzo, costrinse il governo di Nicosia a chiudere tutti gli sportelli bancari dell’isola per quasi due settimane per poi imporre controlli severi dopo la loro riapertura, per evitare che i risparmiatori corressero a ritirare tutti i soldi. Ancora oggi a Cipro è proibito sia incassare assegni che prelevare al bancomat più di 300 euro al giorno e più del 20% delle obbligazioni che scadono con il divieto di trasferire soldi all’estero se non per spese strettamente documentate. «Intanto – dice l’economista Simeon Matsis – i depositi bancari sono scesi dai 72 miliardi di maggio 2012 ai 46 di ottobre 2013 con un saldo negativo di 26 miliardi di euro».
«Quest’anno prevediamo una recessione del Pil dell’8,7 – spiega il ministro delle Finanze, Harris Georgiades – ma speriamo di contenerla al 7%. La Finanziaria presentata al Parlamento prevede tagli delle spese publiche del 10% e un ulteriore sforbiciata agli stipendi statali che porterà la riduzione al 15% complessivo oltre al blocco delle assunzioni». La ricetta dell’austerity è sempre la stessa mentre aumentano le soffrenze bancarie.
Charis, commerciante, ha quattro prestiti da ripagare per un totale di 2mila euro di rate al mese a due banche diverse, la Bank of Cyprus e la greca Elleniki. «Per ora ce la faccio, ma la situazione sta peggiorando», spiega indicando la sede di una società di servizi professionali che ha ridotto del 35% il numero dei dipendenti.