Vienna firma per South Stream, Lubiana ci pensa, Sofia congela: il caos della Ue

South Stream, il gasdotto dei desideri russi (e di Gazprom) per bypassare la riottosa Ucraina e portare gas in Europa senza ricatti di Kiev, non piace proprio a Bruxelles né a Washington dopo la crisi e l’annessione della Crimea da parte dello zar Putin.
Oggi tocca alla Slovenia, piccolo Paese alpino membro dell’Unione europea e del club dell’euro, ma con forti legami storici con Mosca risalenti ai tempi della ex-Juogoslavia di Tito, essere messa sul banco degli imputati dagli Stati Uniti di Barack Obama. Usa che molta parte hanno avuto nel salvataggio sloveno quando arrivarono 1,5 miliardi di euro dalla società californiana Pimco che si aggiudicò tutta l’asta sindacata facendo un grosso favore al governo traballante di Lubiana.
Ma questa è acqua passata a Lubiana che oggi non ricorda che poteva diventare il sesto paese euro a dover chiedere aiuto alla troika ma guarda a qualche altra occasione per incassare nuovi aiuti per la sua disastrata economia.
Oggi Washington chiede agli sloveni di rinviare la visita a Maribor prevista per l’8 luglio del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, un abile e storico rappresentante della diplomazia del Cremlino, un viaggio fatto apposta per perorare la causa del gasdotto South Stream.
Anche Bruxelles, sebbene la Commissione europea sia con le valigie in mano per il rinnovo di tutte le sue cariche, è contraria al progetto russo perché non conforme alle norme energetiche dell’Unione al punto che ha minacciato la Bulgaria (la più fedele alleata di Mosca ai tempi dell’Unione sovietica) di sanzioni se avesse detto sì al progetto del gasdotto sul suo territorio, ottenendo da Sofia, sempre in crisi economica, il blocco momentaneo del progetto.
Ora tocca a Lubiana subire le pressioni del potente alleato d’Oltreoceano perché gli Usa temono che Lavrov a quattr’occhi con il collega sloveno Karl Erjavec riesca a sbloccare la situazione sul tracciato sloveno di South Stream. Visto poi che martedì a Vienna è arrivato con successo il presidente russo Valdimir Putin in persona a ottenere con successo il via libera austriaco a South Stream, l’allarme è più che giustificato. Anche Vienna, piena com’è di ricchi e potenti oligarchi russi sempre più a caccia di belle case nel Ring e di discrete banche dal segreto inespugnabile, è sempre più attenta ai desiderata di Mosca.
Russia e Austria hanno dunque siglato un’intesa a Vienna per l’estensione del gasdotto South Stream fino al territorio austriaco. South Stream è una infrastruttura realizzata da Eni, Gazprom, EdF e Wintershall. Costerà circa 40 miliardi di dollari e dovrebbe portere il gas russo in Europa attraverso il Mar Nero e la Bulgaria evitando di passare per l’Ucraina. Con un ramo che risalirà la Penisola Balcanica e un ramo che dovrebbe arrivare in Italia, attraverso Grecia e Mar Ionio. Fin qui i progetti del Clemlino e di Gazprom, il “braccio armato” della politica energetica russa.
Dopo l’accordo con Vienna uno sforzo in più per transitare attraverso la Slovenia da parte della Russia non dovrebbe essere un problema per avere in mano il controllo dell’approvvigionamento di gas verso l’Europa.
Ecco perché la diplomazia Usa di stanza nella piccola e tranquilla Lubiana è in allarme per l’incontro di Maribor. Gli americani sono in affanno sulla partita perché da tempo sono costretti a inseguire le mosse dei russi, piuttosto che a proporre un loro piano alternativo. Comunque il numero due dell’ambasciata Usa a Lubiana, David Burger ha confermato – come riporta in evdienza anche Il Piccolo di Trieste – la contrarietà americana dell’arrivo di Lavrov al giornale locale Dnevnik. «Questo non ci pare il momento più opportuno per la visita – ha dichiarato Burger – visto che la Slovenia è in linea con Bruxelles ed è favorevole a un’Ucraina indipendente ed alle sanzioni contro Mosca».
Parole però che non rispecchiano affatto il pensiero del ministro degli Esteri sloveno, Karl Erjavec che in passato non ha fatto segreto che le sanzioni alla Russia costituirebbero un danno all’economia della Slovenia e che è favorevole a una soluzione politica della crisi ucraina. Un modo elegante per sfilarsi dagli obblighi europei. Dunque Lubiana punta su South Stream contro la politica europea. Una “malattia giovanile” dei paesi appena entrati nella Ue (come la Slovenia) è quella di saper godere dei benefici ma di dimenticare spesso gli obblighi tra alleati legati all’entrata nel club europeo. Forse è il momento, dopo 25 anni della caduta del Muro di Berlino e a dieci anni dall’ingresso di otto paesi dell’Ex Patto di Varsavia insieme a Malta e Cipro, di capire che la Ue è un progetto politico e non solo un mercato unico. Ma forse questa è una domanda che potrebbe essere fatta anche a Londra, sempre più indecisa sui suoi destini europei.