Il piglio è tedesco, la volontà prussiana, l’obiettivo di lotta alla corruzione e l’apertura agli investitori stranieri tipico di una dottrina luterana del nord. Il risultato è un terremoto politico a Bucarest.
All’indomani della vittoria a sorpresa sul favorito Victor Ponta, il presidente eletto della Romania, il conservatore Klaus Iohannis, esponente della minoranza tedesca in Transilvania, ha fatto sapere di voler far cadere il governo in carica entro un anno. Insomma non perde tempo in festeggiamenti, Klaus il tedesco di Romania, per riportare “ “ordine e disciplina” nella Bucarest in perenne transizione. Il rischio, ora, con un presidente conservatore e un premier socialdemocratico è quello peggiore per una nazione in transizione: l’instabilità politica.
Ma Klaus Iohannis non sembra volersi fermare e, dopo la sorprendente vittoria sul suo avversario, ampiamente favorito nei sondaggi, ora punta a ribaltare anche il governo per evitare la difficile coabitazione.
D’altra parte i numeri giocano a vantaggio del tedesco di Romania: oltre 6 milioni e mezzo i romeni lo hanno votato (54,5% delle preferenze), consentendo un risultato alla vigilia del voto che nessuno aveva pronosticato. Dopo il primo turno, Ponta era in testa di 10 punti percentuali ed era dato vincente sicuro dai bookmakers, un vantaggio che Iohannis è stato capace di annullare credendo fino alla fine nella vittoria. Non è servita nemmeno la visita a Bucarest del premier Matteo Renzi in sostengo di Victor Ponta che ha visto sfumare le sue speranze di gloria.
A pesare a favore di Iohannis ha giocato la maggiore affluenza alle urne, (53% al primo turno, 63,5% al ballottaggio), le vivaci proteste di piazza e l’uso dei social network, che hanno cavalcato l’onda lunga del malcontento suscitato dal mancato voto all’estero di centinaia migliaia di romeni della diaspora, che nel primo turno non sono riusciti a votare per gravi carenze organizzative.
Ciò ha generato una reazione a catena che ha portato prima i romeni a manifestare in varie città, poi alle dimissioni del ministro degli Esteri, Titus Corlatean, e in seguito ad altre
manifestazioni di piazza venerdì scorso, quando la popolazione ha chiesto trasparenza e possibilità di voto per i romeni all’estero, che tradizionalmente premiano il fronte
conservatore. Non solo. Dopo solo otto giorni si è dimesso il successore agli Esteri, Teodor Melescanu, che oggi ha annunciato le dimissioni in seguito alle nuove polemiche sorte dopo le difficoltà riscontrate dagli elettori rumeni all’estero in occasione del ballottaggio delle presidenziali domenica scorsa.
Insomma il governo in carica comincia a perdere pezzi sotto l’urto del terremoto politico di Klaus Iohannis, un fenomeno che come spesso accade nessuno aveva saputo anticipare.