Le riforme strutturali aiutano l’Italia a migliorare di qualche posizione nelle classifiche internazionali sulla competitività in passato avare di soddisfazioni per il Bel Paese, classifiche che vedono come l’anno scorso primeggiare la Svizzera, seguita da Singapore, Stati Uniti e la Germania. La Finlandia, per la gioia del premio Nobel Paul Krugman, che lo predica da mesi, scende dal quarto all’ottavo posto.
Ma torniamo all’Italia che resiste grazie alla buona tenuta della qualità della sanità e dell’struzione primaria (26° posto) e dimensione del mercato (12° posizione) e fa il balzo in avanti grazie alle riforme sul mercato del lavoro. “Le riforme strutturali del mercato del lavoro sono la forza trainante di un forte miglioramento complessivo della competitività dell’economia in Italia”, che sale alla posizione 43esima (dalla 49esima) nel classifica sulla competitività del World Economico Forum 2015-16. Certo l’efficienza del mercato del lavoro è “ancora bassa” ma “migliora di 10 posizioni”. Non poco per un paese che in passato è rimasto ancorato a posizioni da fondo classifica.
Alla crescita di competitività dell’economia italiana “ha contributo anche un miglioramento della capacità di innovazione” (sul fronte della Ricerca e sviluppo l’Italia migliora in classifica di 3 posizioni, salendo al 32esimo posto), ma è la riforma del mercato del Lavoro a dare un “forte miglioramento generale”; mentre, però, il “contesto macroeconomico in Italia, preoccupante, scivola di 3 posti a quota 111, frenato da un elevato debito pubblico (136 posto su 140), rileva il World Economic Forum con l’edizione 2015-2016 del suo rapporto sulla competitività delle economie di 140 Paesi.
Il Wef, che organizza il vertice annuale di Davos in Svizzera sullo stato dell’economia mondiale, comunque avverte: “L’efficienza del mercato del lavoro del Paese ora si colloca in classifica al centoventiseiesimo posto su 140 paesi: è ancora molto bassa, ma con un miglioramento di dieci posti da un anno all’altro”. “Molto lavoro resta da fare”, quindi: “sono necessari ulteriori miglioramenti sul mercato del lavoro, in particolare nelle aree del fisco e degli incentivi al lavoro (137 posto su 140), per una migliore correlazione tra retribuzioni e produttività (131), e su assunzioni e licenziamenti (132).
Il Wef indica poi come “un’altra area di interesse” in Italia il settore delle piccole e medie imprese: il punteggio del Paese per l’alta specializzazione delle sue aziende sale di un posto a 24 quota, mentre nello sviluppo di cluster i distretti industriali, la concentrazione di aziende altamente complementari, perde il primo posto del 2014 e scende al quarto. Un segnale su cui riflettere. Nello scenario globale, nell’analisi del World Economic Forum non mancano ancora “segnali preoccupanti” per la ‘nuova normalità’ fatta purtroppo di crescita ferma ed alta disoccupazione che “sta danneggiando la capacità di ripresa e lasciando il mondo vulnerabile ad un altro crollo prolungato”.
In questo quadro “i mercati emergenti rappresentano la principale causa di preoccupazione”, anche per le riforme non attuate. “L’India che però ha appena tagliato i tassi di interesse è una notevole eccezione, registrando uno ‘stellare’ salto di 16 posti anche se partendo da un livello basso”). In Europa, “si vede un miglioramento in molte economie del Sud”, che contribuisce ad alleggerire il divario tra Nord-Sud. “L’accesso ai finanziamenti resta la sfida fondamentale in tutta la regione”.
In Asia, “tre economie – Singapore, Giappone e Hong Kong compaiono tra i primi dieci; il blocco delle nazioni del sudest asiatico Asean “continua a funzionare bene e la Cina si mantiene ferma al ventottesimo posto”. Ma anche qui qualcosa va risistemato in fretta sul modello di sviluppo troppo incentrato sull’export e poco sui consumi interni, se non si vogliono perdere posizioni.