Per capire l’Europa bisogna sempre guardare ai suoi paesi più piccoli. Da li, dagli anelli più deboli, partano le crisi peggiori che poi arrivano al centro, ai paesi core. Coì è avvenuto con la crisi dei debiti sovrani e così rischia di avvenire con la crisi migratoria. Domenica i cittadini austriaci sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente della Repubblica a suffragio diretto e a doppio turno. Un voto importante per i destini di Schengen e del libero passaggio al Brennero. Un voto che verrà seguito con molta attenzione anche fuori dai confini austriaci, dove preoccupano i toni populisti adottati da ultimo dal governo di Vienna, una Grande Coalizione tra popolari e socialdemocratici, in materia di crisi dei rifugiati, con la minaccia di alzare un muro al Brennero per fermare i profughi in arrivo dall’Italia.
Ma proprio l’imminente prova delle urne a fronte di un rafforzamento del populismo e della destra erede di Jorg Haider sembrano svolgere un ruolo di primo piano nella scelta di un irrigidimento sul tema dell’accoglienza ai rifugiati e della condivisione delle responsabilità in Europa. Insomma il governa tenta di frenare l’insorgere di un movimento xenofobo e populista alla sua destra promettendo parte della stessa ricetta ai suoi elettori.
Sei i candidati che aspirano a succedere, dopo l’8 luglio prossimo, all’attuale capo dello Stato, Heinz Fischer (Spoe, Partito socialdemocratico austriaco) in carica da 12 anni, ossia due mandati. Stando ai sondaggi, la Grande Coalizione di SPOe e OeVP (Partito popolare austriaco), al governo dal 2007, rischia di venire duramente penalizzata dalle urne. La SPOe ha candidato l’ex ministro degli Affari sociali, Rudolf Hundstorfer, la OeVP l’ex presidente della Camera, Andreas Khol.
– Poche sembrano – stando ai sondaggi – le chance dei due di arrivare al ballottaggio del 22 maggio. La politica in materia di rifugiati adottata dalla coalizione di governo – che per mesi è stata a guardare, ufficialmente allineata alla politica della cancelliera tedesca Angela Merkel, prima di adottare un cambiamento radicale – ha in effetti danneggiato la reputazione di entrambi. A pochi giorni dal voto, i sondaggi danno per favorito Alexander Van der Bellen, leader del Partito ecologista Die Gruenen per 11 anni (1997-2008), che potrebbe diventare il primo presidente ecologista d’Europa. I sondaggi lo vedono al primo turno delle presidenziali e dall’inizio della campagna l’esponente ecologista si attesta attorno al 26-33% dei voti, in media 8 punti percentuali di vantaggio sul suo principale concorrente. Professore di economia, ex esponente socialdemocratico passato ai Verdi all’inizio degli anni Novanta, è entrato nella corsa elettorale da indipendente e finora ha tratto beneficio dalla debolezza dei candidati della coalizione.
Il concorrente più temibile per Van der Bellen è, stando ai sondaggi, il candidato della destra austriaca (FPOe, Partito della libertà austriaco) Norbert Hofer e vice del leader FPOe di Heinz-Christian Strache, successore di Joerg Haider, l’ex governatore della Carinzia, la regione confinante con l’Italia. Nessuna speranza sembrano avere la candidata indipendente Irmgard Griss, ex presidente della Corte Suprema e l’83enne imprenditore edile Richard Lugner. Il crescente influsso della FPOe (che dal 2000 al 2006 aveva fatto parte del governo austriaco sotto Haider) e il rafforzamento del populismo di destra sono i fattori di maggiore pressione per i partiti di coalizione, pressati secondo gli analisti nella vicenda sempre più delicata della crisi dei rifugiati.