“La dichiarazione di Atene è un movimento dei sette paesi mediterranei per reinventare l’Europa, la sua politica per rinsaldare l’unità europea basata sui valori di pace, stabilità e prosperità e ridare nuova fiducia ai cittadini europei”. Nikos Xydakis, 58 anni, ministro greco per gli Affari europei e membro di Syriza, è a Roma in questi giorni dove ha incontrato il ministro italiano per l’Europa Sandro Gozi, Giuliano Amato ed Emma Bonino in occasione di un incontro con altri ministri per gli Affari europei svoltosi lunedì al Senato. I Paesi mediterranei hanno proposto alcune soluzioni comuni sugli NPL, per combattere la disoccupazione giovanile, favorire la crescita e mandare un segnale “per difendere la democrazia, il welfare state e la giustizia sociale in una visione di unità e non di divisione”.
D. Sembra che in questo momento l’Ue abbia una voce debole di fronte ai populismi e alle minacce di rottura come nel caso di Brexit. Non è il caso di cambiare narrativa in Europa e passare all’offensiva?
R. Penso che sia il maggior problema dai tempi di Blair e Schroeder quando i socialdemocratici europei negli anni 90 hanno implementato il thatcherismo e il neoliberismo. Volevano sostenere l’economia, ma in pratica hanno creato mini-job e precariato. Il voto antisistema di Donald Trump negli Usa e Marine Le Pen in Francia è la risposta della classe lavoratrice al precariato che non trova più a sinistra la risposta ai suoi problemi. Questo è il maggior problema politico europeo oggi. La nostra voce deve essere più forte di quella dei populismi di destra come quelli del presidente ungherese Victor Orban.
D. Come cambiare le politiche di austerità in Europa abbinando politiche di crescita?
R. Molte nazioni europee richiedono disperatamente la crescita, posti di lavoro e il rilancio dei consumi. La prosperità è il legame tra i cittadini e la democrazia, perché se la democrazia non può garantire un minimo di prosperità la gente non crede più alla democrazia e si rivolge agli autocrati come sta avvenendo nell’Europa dell’Est. In quell’area si sta verificando un nuovo fenomeno sociale composto da un mix di politiche neo liberiste e di autocrazia. Di fronte a questa sfida dobbiamo difendere oltre ai principi del libero mercato anche quelli della rivoluzione francese (libertà, uguaglianza e fraternità), e il diritto di avere un lavoro dignitoso senza precarietà.
D. Sui rifugiati e la loro ripartizione molti paesi europei fanno orecchie da mercanti. Che fare?
R. Nel settembre 2015 i 28 paesi Ue hanno deciso di ricollocare 160.000 profughi che erano metà in Italia e metà in Grecia. Dopo un anno il bilancio è assolutamente deludente. Alcuni stati si sono persino rifiutati di parlare con noi e l’Italia: ma questa non è una questione bilaterale è una questione di rispetto dei Trattati. L’Europa non è à la carte, prendo i soldi dei fondi strutturali ma non i rifugiati come credono alcuni politici del gruppo di Visegrad. La Ue deve dire: “Se non condividi il peso delle responsabilità comuni non prendi i soldi dei fondi strutturali”. Noi non dobbiamo espellere nessuno dopo Brexit, ma dobbiamo chiudere con questa possibilità di concedere opt out (esenzioni ndr) perché la strada delle esenzioni finisce alla fine in un divorzio o in una rottura come dimostra la vicenda britannica. I Paesi di Visegrad devono tenerne conto.
D. E’ preoccupato della situazione in Turchia dopo il fallito Colpo di stato di luglio e la pesante purga in corso?
R. La partership con la Turchia è strategica per l’Europa dal punto di vista commerciale, geopolitico e infine per la crisi dei migranti. Dobbiamo vivere insieme nel Mediterraneo, sia con i paesi del Medio Oriente che con quelli del Maghreb. In Turchia è in corso una grande trasformazione sociale che sta cambiando lo stato secolare di Kemal Ataturk verso una nuova forma di “islam popolare” secondo il grande progetto ideologico del presidente Tayyip Erdogan che vuole essere il nuovo leader turco come lo fu Ataturk.
D. Lei è in visita a Roma e ha visto il ministro Sandro Gozi e sottosegretario al ministero degli Interni, Filippo Bubbico. Come vanno i rapporti bilaterali tra Atene e Roma?
R. Tra Italia e Grecia siamo in presenza di uno dei migliori periodi di buone relazioni diplomatiche. In particolare ci sono punti di convergenza per modificare le politiche di austerità e trovare soluzioni di lungo periodo per la crisi dei migranti in Europa.