Il “secolo breve” terminato con la caduta del Muro di Berlino secondo la visione dello storico Eric Hobsbawm sembra non essersi concluso nella Penisola iberica. La resa dei conti fra Barcellona e Madrid è un pericoloso ritorno al nazionalismo, una perniciosa ideologia che si pensava messa in soffitta per sempre dopo l’ultima Guerra mondiale, conflitto a cui la Spagna non partecipò dopo aver però combattuto una sanguinosa guerra civile fratricida che ne era stata un’anticipazione. Conflitti e tensioni che ora aleggiano nel cuore dell’Europa e di un paese della zona euro. «Il Secolo breve – diceva lo storico britannico Eric Hobsbawm – è stato un’epoca di guerre religiose, anche se le religioni più militanti e assetate di sangue sono state le ideologie laiche affermatesi nell’Ottocento, cioè il socialismo e il nazionalismo, i cui idoli erano astrazioni oppure uomini politici venerati come divinità».
Nel giorno della secessione, il parlamento catalano ha proclamato sia la fine della appartenenza alla Spagna che la Repubblica, una doppia mossa che il governo spagnolo ha respinto destituendo il presidente Carles Puigdemont e il suo Governo, sciogliendo il Parlamento e convocando elezioni il 21 dicembre.
La Spagna e la regione ribelle sono entrate in una terra incognita che l’Unione europea nella sua breve costruzione sembrava aver allontanato per sempre. Eppure i fantasmi del nazionalismo ammantati di uno pseudo recupero di identità perdute al tempo della globalizzazione, radici, lingua e cultura che nessuno nella democratica Spagna vuole cancellare. Che significa votare la Repubblica, “stato indipendente e sovrano”, e la secessione dalla Spagna nel 2017 in un’Europa che tenta di mettere in comune sempre più politiche e anela a un bilancio e ministro delle Finanze comune? Un voto definito “storico” dal fronte indipendentista ma che in realtà è anti-storico perché fa un passo verso fantasmi che si pensava congelati per sempre.
il premier spagnolo e conservatore Rajoy ha annunciato la destituzione di Puigdemont, del vicepresidente Oriol Junqueras e di tutto il governo, scioglimento del Parlamento e elezioni anticipate il 21 dicembre. Intanto le banche e le aziende catalane votano e fuggono da questa situazione di instabilità. A breve potremmo vedere in Catalogna le file ai bancomat di chi teme conseguenze per i suoi depositi in euro a rischio svalutazione o congelamento.
Puigdemont non ha fatto un passo indietro e ha fatto un passo temerario le cui conseguenze potrebbero essere molto gravi se non drammatiche. Il rischio è un’esplosione di violenza. Lo scenario dei prossimi giorni è imprevedibile e non promette niente di buono.
Intanto migliaia di persone hanno festeggiato segnala l’Ansa in tutte le città della Catalogna, dalla Costa Brava ai Pirenei, le bandiere spagnole sono state tolte dalle facciate di decine di municipi, da Girona a Tortosa, da Figueres a Lleida. Ma all’estero nessuno la riconosce, Ue e Usa hanno confermato pieno appoggio a Madrid. Per ora la mossa di Barcellona sembra quella di apprendisti stregoni, come avvenne per Brexit, a cui la situazione sia sfuggita di mano.