Islanda ai mondiali per la prima volta. Non solo. Un debutto anche per un paese così piccolo, con appena 334.252 abitanti è riuscito a raggiungere questo traguardo storico. Ma la piccola nazione scandinava non lontana dalla Groenlandia va bene anche sul fronte economico dove ha archiviato una pesante crisi finanziaria che l’aveva mandata in bancarotta quando aveva tentato di diventare un centro di finanza creativa.
Il governo islandese dovette chiedere dopo aver nazionalizzato le maggiori banche nel 2008 un maxi-prestito di 5 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale di Washington, impegnandosi ad attuare come al solito in questi casi di varare misure di austerità economica, tagli alla spesa pubblica e aumenti di tasse. Inoltre oltre al pacchetto di austerity fu varato il consueto blocco finanziario dei capitali, come avvenne a Cipro e in Grecia, per impedire che i depositi delle banche dell’isola fossero ritirati sia dagli investitori internazionali che dagli islandesi. Acqua passata. Certo per risalire la china l’Iva venne elevata al 25 per cento e quella dell’imposta personale sul reddito salì dal 35 al 46 per cento: tutti dovettero tirare la cinghia per parecchi anni ma poi tornò il sereno dopo la tempesta.
Ora la Banca centrale dell’Islanda ha lasciato questo mese i tassi invariati al 4,25 per cento. Attualmente prevede che il Pil islandese crescerà del 3,7 per cento quest’anno, in calo rispetto all’anno precedente dove aveva raggiunto la sorprendente crescita del 7,4 per cento, Il calo arriva “a seguito di un rallentamento della crescita delle esportazioni”, ha affermato prudente l’istituto centrale. In ottobre la Banca centrale islandese ha tagliato il tasso di riferimento per la quinta volta dall’agosto dello scorso anno per compensare l’impatto dell’inflazione più bassa. E ora tutti gli islandesi si apprestano a tifare per la loro piccola ma agguerrita nazionale per i mondiali 2018 in Russia, dove, comunque vada, per loro sarà un successo.