Nel Sole 24 ore del 9 gennaio un articolo di Silvia Pasqualotto nella sezione di Finanza ha riportato una vicenda societaria molto interessante e ricca di spunti di riflessione. “L’appuntamento è per il prossimo 19 gennaio. È per quel giorno infatti che è prevista la quotazione nel segmento Aim della Borsa di Londra di Askii Holding, la società che controlla Delta Askii, startup fondata nel 2014 in provincia di Udine, dalle menti di quattro ventiseienni, ex compagni di Università: Gabriele Montanari (ceo), Michael Musso (cto), Michele Zucchini (web and innovation manager) e Marco Faraci (app and mobile web manager)”.
Ma la questione che ci interessa arriva più avanti quando l’articolo fornisce altri dettagli: “A spingere la startup a scegliere i mercati di Londra e Malta (dove la quotazione avverrà nella seconda parte del 2018) invece che quello milanese, è stata la consapevolezza che lo sbarco in Italia avrebbe richiesto un percorso più lungo: «Abbiamo privilegiato Londra – rivela il ceo – perché lì l’iter burocratico è più veloce e meno costoso”.
Ma come Borsa italiana è parte della Borsa di Londra e il giovane ceo di Askii dice che la piazza di Londra è più veloce e meno costosa? Ma come è possibile? Se quanto detto corrisponde al vero allora bisognerebbe fare una attenta riflessione da parte delle autorità competenti sulla capacità della Borsa di Milano di non perdere promettenti start up anche con la spada di Damocle di Brexit. Occorrerebbe dunque dare più frecce alla faretra della Borsa milanese rendendola più attraente e dinamica. E’ possibile che la società italiana abbia scelto però Londra per internazionalizzarsi più velocemente, ma la vicenda lascia un po’ di amaro in bocca. La concorrenza in Europa è ben accetta ma a condizioni di reciprocità in un mercato unico europeo. Se cioè la piazza milanese portasse via qualche start up britannica alla Borsa di Londra.