Alla vigilia di un voto elettorale importante l’Italia è come sull’orlo di un vulcano. Ma pochi analisti sembrano esserne davvero consapevoli, così come avvenne nel voto americano che condusse Donald Trump alla Casa Bianca e nel referendum su Brexit.
Ma andiamo con ordine. Un recente sondaggio di Eurobarometro ha reso evidente che il sentimento europeista è in calo in Italia dopo anni in cui il nostro Paese sperava o aveva sperato che l’aggancio all’Europa ci avrebbe salvato da un lento declino. Non solo: alla domanda se si sta meglio oggi o 40 anni fa i tre paesi con la percentuale peggiore sono risultati nell’ordine Usa, Gran Bretagna e …Italia. Inutile ricordare che proprio negli Usa e Gran Bretagna si sono verificati i maggiori cambiamenti rispetto alle politiche precedenti. I due paesi hanno imboccato la via del sovranismo rispetto al multilateralismo.
Secondo l’ex premier italiano Enrico Letta in una vibrante lezione tenuta il 18 gennaio all’Università Cattolica di Milano sui destini europei, “l’Europa sta giocando una partita di vita o di morte”, una partita che “non è ancora vinta e non è persa”. Insomma siamo a un bivio storico. Possibile? Di certo – ha aggiunto Letta dopo i saluti iistituzionali del rettore Franco Anelli e l’introduzione del professor Carlo Dell’Aringa, nel caso di Trump non è stata una sua vittoria quanto una sconfitta di Hillary Clinton e nel caso britannico di un azzardo spericolato dell’ex premier conservatore Cameron. Cioè errori delle élites politiche al potere più che forza intrinseca delle pulsioni dei populismi locali. Ma tant’è, i risultati sono stati devastanti sui trattati a favore del clima, sul multilateralismo, sulla fine della globalizzazione, sulla sicurezza internazionale.
A pesare negativamente sul voto italiano sono la forte disoccupazione giovanile e i recenti fallimenti bancari, oltre che le voci di mercato di ulteriori takeover da parte di società straniere di altri pezzi di strategici del sistema produttivo italiano già privato di pezzi importanti. Mancano nelle offerte dei partiti in gara, salvo rare eccezioni, una narrativa europea convincente e articolata e visioni di lungo respiro per la crescita del paese, il nostro ruolo nel mondo, la descrizione di una rinnovata politica industriale che scelga i settori di sviluppo su cui investire. I partiti sembrano più preoccupati a rincorrere proposte di breve visione. Tutti elementi che allarmano i cittadini sempre più preoccupati di non poter garantire il futuro dei propri figli. L’Italia rischia così di non essere un paese per giovani ma nemmeno per vecchi.