Perché Orban resiste alle pressioni Ue? It’s economy, stupid, potrebbe rispondere un’analista citando la famosa frase dell’ex presidente americano Bill Clinton quando vinse la corsa alla Casa Bianca puntando tutto sui successi economici.
L’agenzia tedesca di rating Scope, con sede a Berlino e che secondo alcuni vuole sfidare le “Big Three” anglosassoni del settore, “ritiene che, nonostante il voto del Parlamento europeo sul mancato rispetto dei diritti civili e dei criteri democratici, ci sono ostacoli significativi da superare prima che le sanzioni possano entrare in vigore. Occorre l’unanimità degli Stati membri per l’attuazione di sanzioni a norma dell’articolo 7 del trattato Ue e la Polonia ha già fatto sapare che voterebbe contro, vanificando il voto del Parlamento europeo. Insomma la minaccia di punizione potrebbe rivelarsi troppo vaga e inconsistente.
Bernhard Bartels, analista di Scope, ha affermato in una nota: “L’Ungheria ha solidi fondamentali economici, a supporto del rating di BBB / outlook positivo”. La crescita del Pil reale è aumentata dal 2,2% nel 2016 al 4% nel 2017, trainata da forti investimenti, politiche accomodanti e ampi afflussi di fondi Ue. La crescita annuale è prevista al 4% nel 2018, il doppio della media europea. Finora, gli investitori stranieri rimangono fiduciosi nelle prospettive dell’Ungheria, più visibili nel settore automobilistico in cui i produttori tedeschi stanno avviando (BMW) o estendendo le strutture produttive locali (Daimler).
Tutto bene, dunque? Non proprio. Tuttavia, il rallentamento nell’area dell’euro potrebbe porre delle sfide per l’economia ungherese. Il debito pubblico dell’Ungheria, che si attesta al 73,6% del PIL nel 2017, rimane relativamente alto, in particolare rispetto a quello di altri membri Ue della CEE. Unl rallentamento più sostanziale a livello regionale potrebbe far rivedere l’analisi di sostenibilità del debito pubblico di Scope, che prevede una diminuzione del rapporto debito/Pil dell’Ungheria al di sotto del 70% a medio termine.
Inoltre, Scope sottolinea un elemento di preoccupazione nella politica monetaria espansiva dell’Ungheria a fronte di un’inflazione sempre più elevata. In un contesto di rialzo dei tassi a livello globale (vedi le ultime decisioni della Fed e della stessa Bce) ci potrebbero essere maggiori pressioni sul fiorino che ha già perso il 5% del suo valore contro l’euro da gennaio.
“Il potere quasi incontestato del governo a guida Fidesz, il controllo dei media e l’estensione della sua influenza sul sistema giudiziario e bancario, mettono a repentaglio la fiducia nelle istituzioni pubbliche e metteranno alla prova la coesione sociale del paese nel medio termine” ha scritto Bartels.
Le incertezze riguardano possibili tagli di finanziamento nel bilancio Ue 2021-27 a paesi, compresa l’Ungheria, coinvolta in discussioni su possibili condizioni più severe per l’accesso ai fondi per lo sviluppo legati al rispetto dello stato di diritto. Un finanziamento Ue ridotto danneggerebbe l’economia, dato che attualmente tali finanziamenti ammontano a circa il 4% del Pil, con il 95% di tutti gli investimenti pubblici in Ungheria cofinanziati dall’Ue. Un finanziamento del fondo Ue inferiore alle attese e qualsiasi inversione degli afflussi di IDE potrebbero portare a revisioni negative di rating.
“Le interferenze politiche e il crescente isolamento nella Ue sono rischi a lungo termine; tuttavia, l’agenzia Scope, dati gli sviluppi favorevoli di oggi, tra cui il calo del debito estero, i costanti afflussi di investimenti privati e politiche fiscali prudenti, mantiene una prospettiva costruttiva “, afferma Bartels.