La Corte di Cassazione turca segna un punto a favore dello stato di diritto e della seprazione dei poteri. La suprema corte ha ordinato il rilascio di Enis Berberoglu, deputato del principale partito di opposizione, il socialdemocratico Chp, il partito fondatoda Kemal Ataturk, rappresentante del popolo detenuto da un anno e tre mesi. Il massimo tribunale di Ankara ha confermato la sua condanna a 5 anni e 10 mesi per “spionaggio”, stabilendo però che dovrà scontare il resto della pena quando sarà concluso il suo mandato parlamentare, vista la rielezione alle elezioni anticipate nel giugno scorso.
Berberoglu, che si è sempre dichiarato innocente, è stato condannato come fonte dello scoop del 2015 del quotidiano
Cumhuriyet sul traffico di armi dalla Turchia alla Siria su tir dei servizi segreti di Ankara. Il presidente Recep Tayyip
Erdogan infuriato promise che gli autori dell’inchiesta giornalistica avrebbero pagato “un caro prezzo”.
Uno degli ultimi quotidiani di opposizione Cumhuriyet ha pubblicato il video sui traffici di armi che presumibilmente secondo le accuse della polizia proveniva da Berberoglu. Due dei giornalisti del giornale, Can Dundar ed Erdem Gul, sono stati condannati ad almeno cinque anni di carcere per lo scoop, ma in seguito, sono stati rilasciati in attesa di un processo di appello. Dundar, dopo essere scampato a una attenatato da parte di un fanatico nazionalista davanti al tribunale di Istanbul, e che per aver criticato le politiche di repressione post-tentato golpe del presidente Tayyip Erdogan è diventato un simbolo di libertà, ha dovuto lasciare la Turchia per la Germania ed è ora processato in contumacia. Gul invece è rimasto nel paese in libertà in attesa dell’appello. Più di 50.000 persone sono state detenute e sospese dal lavoro dopo il colpo di stato fallito nel luglio 2016. Circa 150 media sono state chiusi mentre 160 giornalisti sono stati arrestati.
Ad aprile, il tribunale turco ha condannato 14 giornalisti di Cumhuriyet alla detenzione per vaghe accuse di terrorismo e ne ha assolti tre, in un caso che ha scatenato, secondo la Reuters, l’indignazione globale per la libertà di stampa sotto Erdogan.
All’indomani dell’arresto di Berberoglu, il suo partito lanciò la ‘Marcia per la giustizia’ da Ankara a Istanbul, guidata dal leader Kemal Kilicdaroglu, che si concluse dopo oltre tre settimane e 430 km di cammino con un
bagno di folla nei pressi del carcere dove era detenuto.
Berberoglu, già direttore del quotidiano Hurriyet prima di impegnarsi nella carriera politica, era deputato quando è finito
in carcere, ma aveva pagato la norma che autorizza la rimozione dell’immunità parlamentare, votata nella Grande assemblea
nazionale di Ankara dalla maggioranza del suo stesso partito.
Per effetto di quel provvedimento, erano già stati arrestati nei mesi precedenti oltre 10 deputati del filo-curdo Hdp, tra
cui il leader carismatico Selahattin Demirtas, accusato di reati di terrorismo e detenuto da quasi due anni in un carcere di
massima sicurezza.