Richard Haass, uno dei maggiori esperti di politica estera degli Stati Uniti, sulla rivista “Foreign Affairs” parla a proposito di “Come un ordine mondiale sia al tramonto” degli errori principali dell’Unione europea e di come sia giunta a un punto molto critico della sua storia. “Gli errori all’interno dell’Ue, ovvero le decisioni di stabilire una moneta comune senza creare una politica fiscale comune o un’unione bancaria e di consentire un’immigrazione quasi illimitata in Germania, hanno creato una forte reazione contro i governi esistenti, le frontiere aperte e la stessa Ue”, dice il politologo americano. Insomma secondo Haass l’euro è una moneta senza politica di bilancio comune e questo “Tallone d’Achille” non può continuare a rimanere insoluto per troppo tempo ancora. Inoltre la decisione della cancelliera tedesca Angela Merkel di accettare un milione di profughi, in maggior parte provenienti dalla Siria, ha messo in grave pericolo la libera circolazione delle persone all’interno nell’Unione rinfocolando i nazionalismi e isovranismi assopiti. Due vulnus che chiamano in causa proprio Berlino, ormai sempre più egemone in Europa per la sua dimensione e stabilità economica, e le sue scelte future di politica europea.
Ma Berlino e il suo attuale governo di coalizione non pare proprio capace di dare nuovi slanci alla causa europea paralizzato al suo interno da due vedute spesso diverse tra Cdu -Csu e i socialdemocratici sulla spinosa questione ad esempio della imposizione fiscale sul reddito delle società nel mercato unico.
Recentemente il 21 ottobre da Berlino è giunta la proposta del ministro delle finanze tedesco, il socialdemocratico Olaf Scholz, dopo la batosta elettorale subita dal suo partito in Baviera. Scholz ha proposto un’aliquota minima globale dell’imposta sulle società unita a misure più severe per impedire agli evasori fiscali di mettere da parte i loro profitti nei paradisi fiscali. Lo ha riportato il quotidiano tedesco Welt am Sonntag.
In un editoriale pubblicato nell’edizione domenicale, Scholz ha presentato proposte che stava prendendo in considerazione insieme alla Francia per rendere più difficile alle imprese internazionali evadere le tasse.
Entrambi i paesi europei stanno cercando dei modi per garantire che le imprese come i giganti del web, Amazon, Apple e Google paghino le tasse nazionali in proporzione ai profitti che guadagnano nei maggiori mercati europei, sebbene i tentativi di armonizzare le aliquote fiscali in tutta l’Unione europea abbiano finora incontrato una forte resistenza da parte di paesi membri con tasse inferiori come ad esempio l’Irlanda, paese salvato con soldi europei ma che ha ottenuto di poter mantenere la propria bassa fiscalità societaria da paradiso fiscale. Un mistero che nessuno ha saputo spiegare a Bruxelles.
“Abbiamo bisogno di un livello minimo di tassazione a livello mondiale così che nessuno Stato possa scendere al di sotto”, ha spiegato Scholz nell’articolo, aggiungendo che tutte queste regole dovrebbero essere accompagnate da misure per rendere più difficile trasferire denaro in paradisi fiscali. Possibile?
Scholz ha detto che l’economia di internet “stava esacerbando un problema portato dalla globalizzazione e che stiamo cercando di affrontare: il collocamento di profitti in località a bassa tassazione”.
Il piano Scholz è una specie di BEPS 2.0, dall’acronimo inglese “base erosion and profit shifting,” , erosione delle base imponibile e delocalizzazione dei profitti. Il contro piano, deciso congiuntamente con la Francia, propone una tassa societaria minima che potrebbe diventare uno standard per l’implementazione internazionale. Quando una consociata straniera paga una bassa aliquota fiscale, le autorità fiscali tedesche, ad esempio, possono riscuotere la differenza rispetto alla minimun tax globale.
La proposta, che riguarderà tutte le imprese, è stata accolta favorevolmente dall’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. La Germania, il più grande mercato di consumatori in Europa, è un terreno particolarmente fertile per i giganti di Internet statunitensi, molti dei quali hanno utilizzato sofisticate strutture offshore per ridurre al minimo la loro esposizione fiscale a quella che rimane un’economia ad alta tassazione.