Brutti segnali sotto il Partenone per il governo Tsipras già provato da una difficile ricerca di voti per superare la scorsa settimana lo scoglio del voto di fiducia, superato per un soffio con il voto di un deputato di To Potami, la formazione centrista, dopo le dimissioni di Panos Kammenos, l’ex ministro della Difesa ed esponente della formazione nazionalista dei Greci indipendenti. Domenica ad Atene è stata una giornata di duri scontri di piazza durante la manifestazione per protestare contro l’accordo sul nome della Macedonia firmato tra Atene e Skopje.
Decine di migliaia di persone, riporta l’agenzia Ansa, si sono riunite domenica nella centrale piazza Syntagma, davanti al Parlamento greco, da dove è partito il corteo, ma già da subito si sono registrati tafferugli con la polizia, poi sfociati in violenti scontri. Le immagini trasmesse dalla tv greca hanno mostrato i manifestanti mentre lanciavano pietre, bombe carta, barattoli di vernice e altri oggetti ai poliziotti in tenuta antisommossa urbana che hanno risposto con i gas lacrimogeni. Alcuni dimostranti hanno scavalcato la rete di protezione davanti al Parlamento, ma i poliziotti sono riusciti a bloccarli. Un uomo avvolto nella bandiera greca ha aggredito gli agenti con un bastone. Secondo quanto hanno riferito le forze dell’ordine, sono 10 i poliziotti rimasti feriti. Insomma Atene è tornata a respirare i fumi e la violenza degli anni peggiori delle proteste contro l’austerità voluta ed imposta dalla troika in cambio dei prestiti. anni terribili di cui solo ora il presidente della commissione Ue Juncker ha chiesto scusa ai greci ammettendo di aver esagerato e di aver seguito i consigli errati del Fmi.
A causa del denso fumo dei lacrimogeni, molti partecipanti hanno abbandonato la manifestazione. La piazza davanti al
Parlamento era quasi vuota poco prima del tramonto anche se gli scontri tra polizia e un piccolo gruppo di dimostranti sono
proseguiti. Gli organizzatori della protesta parlavano di 600mila partecipanti mentre secondo le stime della polizia
sarebbero stati 60mila, dieci volte di meno. E, nel nord della Grecia, nella regione della Macedonia appunto, gli agricoltori hanno bloccato per ore l’autostrada che porta al confine macedone della Fyrom, Ex Republica jugoslava di Macedonia che in futuro se passasse l’intesa si chiamerà Macedonai del Nord, in segno di solidarietà.
Immediata la reazione del premier greco di sinistra radicale, Alexis Tsipras, che ha puntato il dito contro gli “elementi estremisti e i membri di Alba dorata”, il partito di estrema destra con simpatie naziste e anti-immigrati. “Nella nostra democrazia, la libertà di espressione dei cittadini è un diritto inalienabile, anche per coloro che vogliono abolire la democrazia…E’ anche dovere e obbligo di quelli di noi che ci credono di non permettere” certi episodi.
“Isoliamoli e condanniamoli”, ha detto il premier. In una nota, la polizia ha affermato che gli agenti sono stati aggrediti da
“gruppi organizzati di individui con ferocia speciale, (usando) pietre, sbarre di ferro, mazze di legno, bombe incendiarie. Le
forze dell’ordine hanno agito secondo i piani operativi, ha mostrato moderazione e professionalità e, usando metodi appropriati, ha respinto gli attacchi”.
Il Parlamento di Skopje ha definitivamente approvato la riforma costituzionale per cambiare il proprio nome in ‘Repubblica della Macedonia del Nord’, in base all’accordo firmato a giugno dal premier greco, Alexis Tsipras, e dal collega macedone Zoran Zaev. Il presidente russo Vladimir Putin si oppone all’intesa sul cambio di nome che aprirebbe la strada di Skopje per l’ingresso nella Ue e nella Nato. Ma per l’entrata in vigore ufficiale dell’intesa serve la ratifica del Parlamento greco. Il dibattito inizierà lunedì 21 , mentre il voto è atteso per venerdì 25. E non sarà una settimana tranquilla in Grecia e per il suo governo vista l’estrema inceretezza dell’esito del voto.