Davos, il mondo rallenta e dopo l’Fmi anche Ue e Ocse verso il taglio delle stime del Pil italiano

Tra le nevi di Davos si è fatta strada la convinzione che in un quadro di generale rallentamento (non recessione) dell’economia mondiale  anche Bruxelles e l’Ocse, dopo l’Fmi di Christine Lagarde, potrebbero rivedere le stime di crescita dell’Italia. «Tra qualche settimana rivedremo le stime di crescita per l’Italia e la Ue» ha detto da Bruxelles il Commissario Ue agli affari economici, Pierre Moscovici. Anche le nuove stime dell’Ocse, a marzo, potrebbero tagliare la previsione di crescita per l’Italia. Lo ha confermato Angel Gurrìa, segretario generale dell’organizzazione, a margine dei lavori del Forum economico mondiale. Alla domanda se sia in arrivo un taglio per la crescita dell’Italia nel 2019 anche da parte dell’Ocse, dopo che lunedì 21 il Fondo monetario internazionale l’ha rivista a 0,6% dall’1%, Gurria ha risposto “sì, può essere”.

Le ultime stime dell’Osce sulla crescita italiana, a novembre 2018, indicavano 0,9% per il 2019, ed erano già riviste al ribasso dall’1,1% di appena due mesi prima. Lo 0,9% anticipato per l’Italia era il tasso di crescita più basso per i 30 Paesi membri dell’Ocse salvo la Turchia e l’Argentina. Gurrìa ha però sdrammatizzato la polemica sulle scelte dell’attuale governo e sull’osservazione, avanzata dal Fondo monetario internazionale, che l’Italia sia uno dei rischi per lo scenario di crescita globale assieme a Brexit, alla guerra dei dazi, alla Cina. “La questione italiana è una transizione, nella mia esperienza al primo anno di governo investire non è facile. C’è una questione di equilibrio, tutti i nuovi governi vogliono fare tutto nei primi tre giorni. E’ legittimo ma non è possibile, serve visione di medio termine”.

Ovviamente ci sono tanti i rischi all’orizzonte anche se il direttore generale del Fmi Christine Lagarde ha escluso rischi di recessione per l’economia globale: sono considerate due bombe a orologeria da disinnescare “immediatamente” sia una Brexit senza accordo, che un precipitare della ‘guerra dei dazi’ voluta da Donald Trump, grande convitato di pietra a Davos dopo i forfait di poche settimane fa. Preoccupa anche una frenata della Cina peggiore del previsto. E si temono anche fattori d’instabilità finanziaria come il caso-Italia, citato esplicitamente come uno dei rischi globali, citato dalla nuova capo economista Gita Gopinath. Ma su questo il governo italiano non concorda affatto e ricorda la forte propensione al risparmio e la quota di export dell’Italia. Ma a preoccupare al Wef è la mancanza di investimenti e di taglio alle imposte per le imprese. Davos su questo ha il palato fine e non si accantenta di generici discorsi su manovre espansive a debito per rilanciare i consumi. Su questo dossier sia il ministro Tria che il premier Conte dovranno fare opera di chiarezza e convinzione. E non sarò facile.