Fenomenologia tedesca del “whatever it takes”

La Corte costituzionale tedesca chiede chiarimenti entro 3 mesi all’Eurotower per chiarire se il “whatever it takes” della Bce sia proporzionato. Se non è un ultimatum poco ci manca sebbene i giudici ammettano la legittimità del Qe. Ma si sa il diavolo si nasconde nei dettagli.
La Corte ha chiesto il 5 maggio in una sentenza clamorosa con implicazioni molto incerte che la Banca centrale europea giustifichi entro tre mesi la conformità e la proporzionalità dei suoi vasti riacquisti di debito rispetto al suo mandato.
Secondo la suprema corte tedesca alla banca centrale tedesca (Bundesbank) sarà vietato partecipare a questo programma anti-crisi, che è cresciuto di dimensioni a causa della pandemia di coronavirus, se “il Consiglio direttivo della Bce” non riuscirà a “dimostrare in modo completo e sostanziale” “di non aver superato i trattati europei cioè se il suo operato è proprorzionale”. La Corte costituzionale ha ammesso che “non è stata in grado di stabilire una violazione” da parte della Bce del divieto che le è stato fatto di finanziare direttamente gli Stati europei. Ma i magistrati di Karlsruhe hanno giudicato “dubbia” la competenza dell’istituto di Francoforte a riacquistare massicciamente il debito pubblico, che rappresentava la maggior parte dei 2.600 miliardi di euro di acquisti di obbligazioni che hanno operato tra marzo 2015 e dicembre 2018, nell’ambito del “quantitative easing” o “QE” riattivato lo scorso novembre. In sostanza i magistrati si chiedono se l’attivismo della Bce (che si è comportata come la giapponese BoJ, la Federal Reserve americana e la inglese BoE) sia proprorzionato al pericolo che corre l’unione monetaria. Una assurdità economica che rischia di far deflagrare l’unione monetaria.
In particolare i giudici tedeschi, si rifiutano di conformarsi al parere della Corte di giustizia europea, che aveva approvato il programma della Bce alla fine del 2018, e contestano la mancanza di controllo sul QE da parte del Parlamento tedesco. I giudici hanno fortunatamente chiarito che la sentenza emessa il 5 maggio “non riguarda” il programma di emergenza sulla pandemia (PEPP) annunciato a metà marzo dalla BCE e dotato di 750 miliardi di euro entro la fine dell’anno ma per per gli afecionados degli acronimi solo il PSPP. La sentenza fa scendere tre mesi d’inverno sull’unione monetaria in un momento di una gravità economica senza precedenti.