Tensioni nel Mediterraneo orientale sulle perforazioni turche a Cipro

Il presidente turco filo-islamico Recep Taiyyp Erdogan, al potere da 18 anni consecutivi e con la lira sempre più debole, alza la voce nel Mediterraneo orientale. “La distorsione attraverso pretesti ingiusti e illegali dei passi intrapresi dalla Turchia per difendere i suoi legittimi interessi, che sono basati sul diritto internazionale, è inaccettabile”. È l’accusa lanciata in una nota dal portavoce del ministero degli Esteri di Ankara, Hami Aksoy, dopo la dichiarazione congiunta diffusa nelle scorse ore dei ministri degli Esteri di Egitto, Grecia, Cipro, Francia ed Emirati Arabi Uniti, che accusano la Turchia di compiere attività “illegali” con le perforazioni nel Mediterraneo orientale e nella sua cooperazione con il governo libico di Tripoli. Questa dichiarazione, replica Ankara, è una prova della “ipocrisia di un gruppo di Paesi che stanno cercando il caos e l’instabilità della regione attraverso le loro politiche e non vedono alcun danno nel sacrificare le aspirazioni democratiche” della minoranza turco-cipriota, zona riconosciuta internazionalmente solo dalla Turchia.

Ankara si riferisce a una iniziativa dei ministri degli Esteri di Egitto, Cipro, Grecia, Francia ed Emirati Arabi Uniti che hanno espresso, in una nota congiunta, “la loro più profonda preoccupazione per l’attuale escalation e le continue azioni provocatorie nel Mediterraneo orientale”. I ministri “denunciano le attività illegali turche in corso nella zona economica esclusiva cipriota e nelle sue acque territoriali, in quanto rappresentano una chiara violazione del diritto internazionale, come indicato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. È il sesto tentativo da parte della Turchia in meno di un anno di condurre illegalmente operazioni di perforazione nelle zone marittime di Cipro”. I ministri si rammaricano inoltre per l’escalation delle ostilità in Libia e ricordano “l’impegno ad astenersi da qualsiasi intervento militare straniero in Libia, come concordato nelle conclusioni della conferenza di Berlino”. A tale proposito, condannano “fermamente l’interferenza militare della Turchia in Libia” esortandola a “rispettare pienamente l’embargo sulle armi”.

La Turchia sta affrontando due problemi economici: l‘impatto sulla bilancia dei pagamenti dalla crisi del coronavirus e il crescente nervosismo degli investitori internazionali nel governo turco che non rispetta l’autonomia della Banca centrale, elementi che rendono sempre più probabile il rischio di una crisi valutaria come quella vista nel 2018.