I rischi di un Recovery fund “light” per l’Italia

Che il vero problema italiano sia la governance del sistema è sempre più evidente a qualsiasi osservatore imparziale. In Italia si deve chiarire chi fa cosa, tra potere centrale e poteri locali, e come controllare e sanzionare chi non fa quello che dovrebbe fare. In vista dei fondi del Recovery Fund, o per meglio dire del Next generation Eu, un’occasione storica da non sprecare, la questione dell’efficienza della macchina amministrativa diventa vitale. Un recente report del think tank Bruegel https://www.bruegel.org/2020/09/will-european-union-countries-be-able-to-absorb-and-spend-well-the-blocs-recovery-funding/ parla chiaro: “L’Italia e la Spagna, i due maggiori beneficiari attesi dell’NGEU in termini di importi in euro, sono tra i peggiori risultati in termini di assorbimento dei fondi dell’UE. Per il periodo 2014-2020, la Spagna aveva assorbito solo il 39% del denaro dovuto dai Fondi europei di investimento strutturale (SIE) entro il 23 settembre 2020 – il tasso peggiore dell’UE – mentre l’Italia, al 40%, è anche tra le più lente”.
L’allarme di Prometeia
 La crisi da Covid-19 ha portato l’economia italiana ai livelli di ‘benessere economico’ degli anni ’90. Il punto di minimo è stato superato tra il mese di aprile e maggio, e il rimbalzo sta assumendo una forma a ‘V’, ma la ripresa economica rimane in salita: Prometeia, in un nuovo rapporto, prevede che i fondi del Next Generation EU verranno utilizzati dall’Italia solo al 70% del totale, a causa delle storiche difficoltà del nostro Paese a scegliere e portare a termine progetti di investimento con scadenze così stringenti. Il sasso è stato dunque lanciato nello stagno.
Prometeia prosegue la sua analisi. Il rimbalzo post lockdown migliore del previsto permetterà al Pil italiano 2020 di chiudere ‘solo’ a -9,6%. nel 2021 la ripresa segnerà +6,2% e nel 2022 +2,8%, con recupero dei livelli pre-crisi nel 2023.
Secondo il rapporto di Prometeia, le tante le criticità dell’Italia consentiranno di utilizzare solo il 70% dei fondi europei, cioè 145 miliardi, contribuendo a una crescita aggiuntiva del Pil di 1,7 punti percentuali al termine dell’orizzonte di previsione nel 2023. Inoltre sarebbe “opportuno richiedere il Mes”, dove però le forze della coalizione sono divise.
Dopo la caduta record nel primo semestre 2020, i dati congiunturali confermano un rimbalzo nel terzo trimestre grazie a tutte le componenti della domanda. La crisi avrà un impatto molto disomogeneo sui vari settori: più colpiti i servizi come l’alloggio, la ristorazione, l’intrattenimento che perderanno a fine anno tra il 30% e il 35% del valore aggiunto; meno penalizzati, ma anch’essi in territorio negativo, telecomunicazioni, utility e intermediazione finanziaria.
Differenze anche all’interno dell’industria: l’automotive sara’ tra i settori più’ penalizzati chiudendo il 2020 con una caduta del valore aggiunto nell’ordine del 35%, mentre i settori che producono beni essenziali, come farmaceutica e alimentare, presenteranno le performance migliori. Nel 2021 il valore aggiunto di tutti i macro-settori tornerà positivo: industria e costruzioni traineranno la ripresa, che tuttavia rimarrà ancora distante dal valore pre-Covid dell’1,7%.
Forte il contributo europeo agli investimenti che, dopo il -12,1% di quest’anno, sono stimati da Prometeia a +10,5% nel 2021. Infine per quanto concerne i conti pubblici, è prevista una riduzione del rapporto debito/Pil dal 158% nel 2020 al 152% nel 2023.